Visita a Montisola

La più grande isola di lago abitata di tutta Europa! Vuoi scoprirla?

Montisola, origine e tradizioni

Montisola è sicuramente una tappa fondamentale per chiunque si avventuri in una visita guidata al Lago d'Iseo. Di seguito trvate un elenco di informazioni generiche sull'isola nonché diverse annotazioni specifiche che verranno fornite drante la visita guidata sul Lago d'Iseo.

La Montagna nel lago 

Mente Isola o Montisola è l’isola abitata più grande dei laghi europei, è una montagna verde al centro del Lago d’Iseo, definita dalla legislazione italiana “zona di particolare rilevanza naturale e ambientale” ed inserita da una decina d’anni anche fra i “borghi più belli d’Italia”.  Il comune comprende anche le due isolette di San paolo e di Loreto, la prima a sud, l’altra a nord. I nuclei abitati del Comune sono 11 per un totale di circa 1800 abitanti che si spostano internamente con motocicli o con un autobus di 30 posti che svolge il servizio di trasporto e collegamento tra le frazioni dell’isola, e verso i due principali punti d’attracco: Peschiera Maraglio e Carzano. È possibile compiere, in battello, il giro completo sia delle tre isole sia del Lago. 
Sull'isola è vietato l'uso delle automobili; le uniche autorizzate sono adibite ad alcuni servizi importanti (ambulanza, medico, parroco, Vigili). I motocicli sono un’esclusiva dei residenti; il turista può utilizzare solo il mezzo pubblico o la bicicletta. In stagione è possibile noleggiare biciclette o tandem per un giro in bici attorno all’isola. A piedi si possono invece percorrere le mulattiere ed i sentieri che dal Lago portano alla cima dell’Isola dove si trova il Santuario della Ceriola, luogo estremamente interessante sotto l’aspetto naturalistico, panoramico e artistico. 

Formazione geologica

Gran parte dell’isola è costituita da una serie regolare di strati calcarei biancastri, una pietra chiamata medolo. Si tratta di una roccia depositata sul fondo marino a partire da 180 milioni di anni fa. Questi materiali rocciosi ricoprivano il fondo di un mare chiamato della Tetide ed emersero intorno a 70 milioni di anni fa. Ma la forma definitiva di Monte Isola è stata impressa dall’azione avvenuta nell’ultimo milione di anni dalle grandi glaciazioni, che videro le valli alpine percorse da imponenti lingue glaciali, fino alla sbocco nella Pianura Padana. Intorno a 180 mila anni fa, l’ultima lingua glaciale cominciò a ritirarsi dalle più alte cerchie moreniche della Franciacorta e contemporaneamente la sua superficie cominciò ad abbassarsi. Monte Isola iniziò ad affiorare dalla grande fiumana di ghiaccio. 

Flora e Fauna

La vegetazione è caratterizzata da bosco ceduo e cespuglioso e la flora è quella tipica delle zone collinari e lacustri; numerose le rose di natale, i ciclamini e gli anemoni. Il clima ha prodotto un ambiente vegetale di tipo sub mediterraneo, con coltivazioni di ulivi fino a mezzacosta. Le piccole ma numerose piantagioni di ulivo permettono agli abitanti di produrre olio nostrano, non solo per la consumazione privata, ma anche per la vendita, potendo usufruire del frantoio Comunale. Per quanto riguarda la fauna, oltre al germano reale non mancano tutto l’anno gabbiani, folaghe, svassi, marzaiole, corvi, fagiani, lepri e conigli selvatici. 

Le tradizioni 

Il Naèt, tipica imbarcazione 

Arrivando, non possono passare inosservate le tipiche imbarcazioni del luogo, che ricordano moltissimo la famosa gondola veneziana. Secondo alcuni anziani un personaggio di nome Archetti, fuggito dalle carceri veneziane, si sarebbe rifugiato qui e ideò il naèt copiando dalla gondola di Venezia. Era una barca molto utile per i pescatori in quanto leggera, agile e veloce, dalla forma lunga e affusolata. La lunghezza tradizionale, 7 metri, è stata rigorosamente rispettata fino al 1958, anno in cui è stato applicato il motore e quindi benne ridimensionata a metri 6,40; la larghezza è di metri 1,40 ed il fondo nel punto centrale è largo 80 cm. Il legno usato per la costruzione è il castagno per l’intelaiatura e il larice per tutto il resto, mentre i remi sono di castagno e il legno viene lasciato immerso nell’acqua per 3 mesi prima di lavorarlo. Gli strumenti di lavoro essenziali per costruire questa barca sono ancora oggi: martello, scalpello, ascia. Per costruire un naèt servono 100 ore di lavoro ed ha una portata dai 5 ai 10 quintali. 

La rete 

Montisola da sempre è famosa per la produzione di reti da pesca, che fino a non molto tempo fa si trovavano in tutte le case dei suoi abitanti. La tradizione vuole che i primi “retai” siano stati i monaci cluniacensi dell’Isola di San Paolo: da loro i pescatori avrebbero appreso ad intrecciare i rami di salice e poi il filo di seta, per costruirsi così un nuovo strumento di lavoro. I pescatori abbandonano così l’amo e diventano padroni di questo nuovo strumento, fabbricato soprattutto dalle veloci e sapienti mani delle donne, vere maestre dell’ago e del filo, tanto da farne una delle voci economiche più importanti dell’isola. Nel 1857 il primo retificio vedeva impegnati 70 operai. Ancora oggi alcune imprese artigianali a conduzione familiare fabbricano reti per lo sport che vengono esportate a livello mondiale. 

Pesce sott'olio 

Da secoli a Montisola si lascia essiccare il pesce per poterlo conservare a lungo. I pesci essiccati al sole e conservati sott’olio sono la sardina, il cavedano e il pesce persico. Il pesce appena pescato viene lavato ed asciugato, si stende per 24 ore sotto sale, poi, tolto dal sale, e rilavato, il pesce viene appeso su una apposita intelaiatura in file parallele e resta esposto al sole dai 5 ai 10 giorni. Quando l’essicazione è al punto giusto viene pressato e separato dall’aria da uno strato d’olio. Viene mangiato cotto sulla brace ardente oppure servito con la polenta. È un piatto dal sapore intenso e particolare che secondo la tradizione orale affonda le proprie radici a circa un secolo fa quando i pescatori dovevano consegnare un determinato numero di sardine essiccate al monastero di S. Giulia di Brescia

Salame di Monte Isola 

È tradizione ormai secolare lavorare sull’isola il salame, seguendo una sorta di rituale tramandato da numerose generazioni e che nessuno vuole modificare. Confezionare i salami ottenuti da un maiale occupa per una giornata almeno 4 persone, ognuna con un compito specifico. Dopo averlo insaccato il salame viene appeso in una apposita stanza per l’affumicatura. Il luogo è una cantina antica con muri di pietra non intonacati, soffitto a volte, un fuoco in cui si deve continuamente bruciare legna secca per mantenere una temperatura costante. Il camino deve essere chiuso in modo da far diffondere nella stanza il fumo. Il salame appena fatto si lascia appeso per trenta giorni. In molti isolani insistono nell’affermare che lo stesso procedimento fuori dall’isola non dà gli stessi risultati. 

Santuario della Madonna della Ceriola 

Il santuario fu costruito sulla cima più alta di Montisola nel Duecento, presumibilmente sui resti di un’antica chiesa sorta nel V secolo sulle rovine di un edificio pagano. La piccola chiesa fu la prima parrocchiale dell’isola e fu anche la prima chiesa sul lago dedicata alla Madonna. Il nome Ceriola, secondo alcuni studi di toponomastica, sembra derivare dal legno in cui è stata scolpita l’effigie della Madonna: un ceppo in cerro. La statua, alta 90 centimetri e datata XII secolo, è rappresentata seduta, con un ampio manto, poi dorato, con in braccio il Bambino nudo. Successivamente venne aggiunta la sedia in trono. Con il passare dei secoli il santuario venne più volte ampliato cambiando completamente la sua struttura originaria ed accogliendo sempre più numerose opere d’arte che ancora oggi ne impreziosiscono l’interno. 

Rocca Oldofredi-Martinengo 

Posto sulla sommità dell’altra cima di Monte Isola, il “castello” domina tutta la zona sud-orientale del lago. La struttura è a pianta quadrangolare, con due torri semicircolari sugli angoli nord-ovest e nord-est, e una torre cilindrica all’interno. Costruito dagli Oldofredi di Iseo nel Duecento, era una delle due rocche di difesa che questa famiglia feudale possedeva a Monte Isola e dalla quale poteva mantenere il controllo di un’ampia parte del lago e della sponda bergamasca. Oltre che punto strategico di osservazione, era anche un posto sicuro dove rifugiarsi. Nel Quattrocento, i Martinengo, sconfitti gli Oldofredi e conquistato anche il castello di Iseo – iniziarono la ristrutturazione della rocca trasformandola in residenza. Ma nei secoli successivi questa dimora fu abbandonata, oggi è di proprietà privata ed è meta di passeggiate per la sua posizione estremamente panoramica. Vi è una leggenda che la riguarda e che racconta di un tiranno feudatario del castello, che scrutava continuamente il lago e colpiva con un colpo di cannone la barca che non abbassava la vela in segno di saluto. Per sapere come i pescatori ovviarono alle ire del tiranno, dovrete chiederlo alla guida ...

Villa Oldofredi a Peschiera Maraglio 

Oggi il castello è privato, ma si tratta di un palazzo costruito in pieno stile rinascimentale con portico ad archi su colonne in pietra di Sarnico. Dall’esterno si può vedere la facciata più caratteristica dell’antica fortezza, nella quale gli Oldofredi nel 1497 ospitarono la Regina di Cipro Caterina Cornaro, sorella del podestà di Brescia

Le isole "satellite"

Isola di San Paolo

Nel 1091 la famiglia Di Muzo dona l’isola ai monaci cluniacensi, che vi instaurarono un priorato. Otto frati si stabilirono sulla piccola isola, strategicamente importante in quanto riparato punto di osservazione e di sosta lungo l’unica via di comunicazione fra Iseo e la Valle Camonica per le grosse barche da trasporto. I monaci abitarono qui per oltre tre secoli lasciando il convento nel 1448, sostituiti dai Francescani che vi restarono fino alla soppressione dell’ordine e nel 1915 fu venduta ai Beretta, la nota famiglia di fabbricanti d’armi. Ora è diventata una casa per villeggiature estive e non rimane niente né della chiesa né del chiostro antico, ma la villa e il giardino sono ben tenuti e comunicano sempre un fascino misterioso. 

Isola di Loreto

La piccola isola di Loreto si trova a nord di Monte Isola. Ora di proprietà privata, è abitata da molti secoli. Anche qui vi era un convento tenuto dalle suore di Santa Chiara, ma nel 1910 era già stato costruito un castello in stile neogotico dal Cav. Vincenzo Richieri, che intorno ad esso aveva fatto costruire un magnifico parco di conifere, con il porticciolo e due torricelle. Il castello si erge su questo scoglio a strapiombo sul lago ed è sicuramente di aspetto molto suggestivo per la torre e le merlature. 

Festa della Santa Croce

A Carzano, ogni 5 anni a settembre (causa covid 19 la prossima sarà nel 2021) si rinnova un’antica tradizione dove, per quattro giorni, nell’intreccio di sacro e profano, un paese cerca di affermare la propria identità. È una festa attesa e ormai famosa in tutto il Sebino e richiama migliaia di turisti. La singolarità di questa tradizione è data dalla rigorosa ciclicità rispettata da un secolo e mezzo e dalla laboriosa preparazione che coinvolge ogni abitante, tutti intenti ad allestire una festa che dovrà stupire e meravigliare. Arcate di legno ricoperte di rami di pino, fiori di carta, luminarie, spari di cannone, processione, fuochi, sono il copione fisso intorno al quale ruotano attese, sentimenti, competizioni, emozioni. Onori ed oneri sono interamente a carico degli abitanti che si autotassano ogni mese ed eleggono un’apposita commissione, che gestisce la parte finanziaria ed organizzativa. La tradizione della festa è da riportare all’epidemia di colera che raggiunse Brescia nel 1836 e l’isola nel luglio di quell’anno. Per salvarsi la popolazione fa un voto: la processione di una reliquia indicata come un pezzo della S. Croce e “il morbo cessò come per incanto”. Ritenendolo un miracolo, gli abitanti superstiti iniziarono ad organizzare la festa ogni cinque anni in segno di ringraziamento. Forse la mancanza di fiori freschi di giardino determinò la tradizione della creazione di fiori di carta che diventarono oggetto di una specie di competizione tra famiglie. Oggi sono ancora confezionati in segreto con procedimenti tramandati di madre in figlia; ogni famiglia addobba diversi archi sui quali i fiori vengono esposti solo all’ultimo momento. Sono migliaia e di tutti i tipi e per quattro giorni Carzano si trasforma in un paese fiabesco. Un appuntamento da non perdere. 
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