Chiesa di Santa Corona
La chiesa di Santa Corona a Vicenza, che sorge adiacente a Corso Palladio, antico Decumano massimo, è uno degli edifici sacri più importanti della città e fu eretta per volontà del vescovo domenicano Bartolomeo da Breganze, tra il 1260 e il 1270. Quest’ultimo, l’anno precedente, di ritorno da un viaggio in Inghilterra, si fermò a Parigi, ottenendo dal re Luigi IX di Francia ben tre spine della corona del Salvatore e un pezzo di legno della vera croce. Una volta tornato in città decise di far costruire l’attuale Chiesa di Santa Corona e commissionò agli orefici vicentini uno splendido reliquiario, oggi al Museo Diocesano.
Titolari del Tempio e delle reliquie furono da subito i frati Domenicani, fortemente impegnati in un’intensa opera di predicazione. Essi officiarono la chiesa di Santa Corona fino al 1810, quando, per decreto napoleonico, furono costretti a lasciare il convento. Oggi è di proprietà comunale ed è perciò possibile ammirare la chiesa assieme a tutti gli altri musei cittadini durante il percorso di visita della città. Vista la presenza di una reliquia così preziosa, il tempio fu spesso scelto dai nobili vicentini come luogo di sepoltura, ed è quindi ricco di numerose opere d’arte aggiuntesi progressivamente nei secoli.
L’interno, in stile gotico, è a tre navate e conserva fra le altre cose un monumentale altare maggiore decorato con tarsie di marmo e madreperla raffiguranti immagini vegetali e animali. Spicca maestoso sul fondo della chiesa appena entrati ed è firmato Antonio Corberelli con la data 1670; si presenta come un imponente e magnifico monumento in marmo di forma piramidale. Sui fianchi e sulla balaustra si ergono statue di Santi. Da osservare, fra le varie raffigurazioni, l’Ultima Cena, l’Apparizione della Madonna a Monte Berico e la Risurrezione.
L’interno del Tempio di Santa Corona è un vero e proprio museo ove ad ogni passo ci si imbatte in un’opera d’arte. D’obbligo menzionarne almeno due. Nella terza cappella destra, dedicata a S. Giuseppe, si trova l’Adorazione dei Magi di Paolo Veronese: è un raro “notturno” della maturità dell’artista ove l’artista mette in scena una straordinaria sequenza di ritratti, di tipi umani, ma su tutti i volti traspare però una certa dolcezza, persino negli animali. La vera magia del Veronese sta in ogni caso nei preziosi colori che neppure la penombra riesce ad attutire.
Infine, ma non da ultimo, va ricordato l’altare Garzadori, con la grande tavola del Battesimo di Cristo dipinta da Giovanni Bellini (1501): il corpo del Cristo è lucente, l’acqua del fiume è limpidissima e la roccia mostra tutti i suoi strati. Il pittore mostra qui la sua enorme abilità nell’uso della luce omogenea, tersa, tesa a creare una nota di quiete rasserenante ed è per questo che il dipinto costituisce uno dei vertici della pittura veneta del suo periodo. Giovanni Bellini raggiunge qui il momento più maturo della sua arte.