Palazzo Barbaran da Porto
Dal 1985 Palazzo Barbaran Da Porto,
uno dei maggiori capolavori palladiani e l’unico palazzo cittadino che il Palladio abbia realizzato compiutamente, ospita il
CISA (Centro Internazionale Studi Architettura di Andrea Palladio), la prestigiosa istituzione culturale vicentina che con il sostegno del Comune, della Provincia, della Regione Veneto e della locale Camera di Commercio, promuove la cultura palladiana. Dall’ottobre del 2012 vi è stato allestito nelle stanze del piano nobile un affascinate museo dedicato a Palladio, detto
Palladio Museum. È stato proprio il CISA ad ideare il museo e a pensarlo come un grande spazio-laboratorio che si costruisse e crescesse di pari passo con la ricerca scientifica del CISA stesso.
Palazzo Barbaran Da Porto venne
edificato da Palladio nel 1570 per Montano Barbarano, un nobile e colto membro della ricca famiglia vicentina Barbarano. Siamo nell’ultima fase dell’attività di Andrea Palladio, era un maestro riconosciuto, aveva già costruito molti degli edifici più importanti; il cantiere della
Villa Rotonda stava per essere terminato, le logge della
Basilica Palladiana erano ad uno stadio avanzato e molte delle sue ville principali erano in costruzione. In quegli anni viveva a Venezia ed era già consacrato grande architetto. Il 1570 è anche l’anno nel quale il Palladio dà alle stampe la sua grande opera di carta, i suoi
4 libri dell’architettura, un fortunatissimo trattato di architettura che conoscerà un grande successo e sarà il veicolo della diffusione dello stile palladiano in tutto il mondo. Infatti, come sappiamo, il suo nome è conosciuto nei 5 continenti, tant’è che Vicenza nel 1994 e la sua provincia nel 1996 sono stati iscritti sulla lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO proprio grazie al gran numero di edifici palladiani che si conservano in città e in provincia. E nella diffusione dello stile palladiano un ruolo capitale è svolto proprio dal Trattato di Architettura, nel quale Andrea Palladio fece in tempo ad inserire le tavole relative al progetto di questo edificio. Anche se il palazzo sulla carta è diverso dal palazzo in mattoni e pietre perché in realtà Palladio si trovò a lavorare non in uno spazio vuoto e libero, ma in un’area già occupata da altri edifici. Infatti qui Montano Barbarano era già proprietario di un edificio che occupava la parte affacciata su via Riale. Palladio, partendo da ciò che esisteva, ha realizzato il suo progetto. Inoltre, quando già i lavori erano iniziati con l’impianto dell’atrio, Montano Barbarano riuscì a comprare un lotto attiguo, un edificio di proprietà dei cugini, che a quel punto venne inglobato nel palazzo. Il risultato fu la evidente
asimmetria della facciata che ha il portale d’ingresso spostato sulla destra (3 intercolunni sulla destra e 5 sulla sinistra).
Altrettanto evidente è la asimmetria del cortile interno di Palazzo Barbaran Da Porto; sul lato sinistro si erge infatti uno slanciato ed elegantissimo loggiato a doppio ordine di logge, mentre il lato destro mostra una semplice facciata liscia con ballatoio. Queste irregolarità e sgrammaticature hanno per molto tempo fatto propendere la critica (fino agli anni ’50) verso l’ipotesi di un progetto palladiano malamente eseguito da qualcun altro. In particolare la loggia non era stata attribuita a Palladio. La critica più recente rivendica l’autenticità e l’originalità del progetto palladiano, anche e proprio per quanto riguarda la loggia. Palladio ormai negli anni ’70 è nel pieno della sua maturità. Non deve più dimostrare nulla a nessuno, è un maestro acclamato, e quindi può permettersi di trasgredire quelle stesse regole che lui definisce nel suo Trattato. Qui aveva dei vincoli che lui non poteva sovvertire (non poteva demolire e ricostruire ex novo), e quindi ha accettato la sfida e nel cortile ha progettato questo loggiato altissimo che ha una potenza espressiva tale da attirare fortemente lo sguardo di tutti coloro che entrati nel palazzo giungono a questo punto. È una calamita per lo sguardo così forte dal distoglierci dal percepire il lato destro. Quindi Palladio ha volutamente enfatizzato l’altezza delle colonne proprio per creare un polo di attrazione, e la forza di questa sua idea verrà capita anche dai suoi architetti contemporanei.
Inoltre, Palladio aveva anche dovuto fare i conti con l’irregolarità della pianta dell’atrio d’accesso a Palazzo Barbaran da Porto, infatti l’atrio - non ce ne rendiamo conto – ma non è rettangolare, si tratta invece di un trapezio, i due lati divergono. Il lato sulla strada, definito dalle due colonne incassate nel muro, è più corto rispetto al lato che si affaccia sul cortile. Questo era lo spazio e su questo Palladio doveva lavorare. E quindi Palladio imposta quattro colonne che definiscono un quadrato perfetto. Queste 4 colonne rimandano sì all’idea vitruviana dell’atrio delle ville romane, svolgono sì la funzione fondamentale di reggere il grandioso salone dei Cesari al piano superiore, ma hanno anche proprio la funzione di regolarizzare lo spazio, perché quando noi entriamo qui cogliamo subito l’allineamento perfetto delle colonne e non ci rendiamo conto della diversa distanza tra le colonne e il muro. Quindi Palladio utilizza le colonne per mascherare l’irregolarità della pianta.