Dove oggi sorge la villa, un tempo si trovava un edificio molto più modesto, in una località chiamata San Bastiano. Il proprietario era quel Giovanni Maria Bertolo fondatore della Biblioteca Bertoliana a Vicenza, che lasciò la casa in eredità alla figlia, una suora di clausura. La proprietà venne quindi messa all’asta e acquistata da Giustino Valmarana. Questo nobile vicentino si rivolse al grande architetto Muttoni, impegnato in quel momento nella costruzione di Palazzo Repeta e di Palazzo Valmarana su piazza Isola. Il Muttoni progettò la foresteria (per ospitare i forestieri che vengono da lontano), aggiunse sette archi con le sette teste dei vizi capitali e l’arco trionfale da cui entravano i carri coi cavallinper raggiungere scuderie.
La bravura del Muttoni fu di riuscire a incastonare tutta questa costruzione in un terreno molto stretto situato tra Monte Berico e la Rotonda. Durante i lavori di rifacimento della gradinata emergono dal terreno delle vecchi statue rotte, somiglianti a dei nani, da cui scaturì l'idea di conferire alla Villa il nome “ai nani”. Giandomenico Tiepolo, già consultato in precedenza, fornì i disegni per le statue di questi buffi personaggi che sembrano usciti dalla Commedia dell'Arte. Sono 27 in tutto e voglione riprodurre alcunii mestieri del tempo, già esistenti: il serpentario, la contadina, il vebditore di elisir, il guardiano, l'avvocato, il soldato, la filatrice, lo spadaccino, la serva. Ognuno di loro rappresenta un’attività. Non se ne conosce lo scultore.
Il committente Giustino Valmarana
si raccomandò con Gianbattista e Giandomenico Tiepolo di dipingere la casa con tematiche dove la giustizia sociale avesse il sopravvento sull’interesse personale. Quindi gli affreschi portano avanti queste sue raccomandazioni e vedono l’interesse generale del popolo come superiore all’interesse personale, tanto è vero che sulle pareti del corpo padrone troviamo delle scene che hanno come filo rosso il sacrificio inteso come valore morale.
Il figlio Giandomenico Tiepolo invece, essendo un giovane, fotografa il suo tempo, è un pittore più moderno e aggiornato. Nella Forestria, da lui dipinta, riproduce in una stanza le cineserie, oppure in un'altra delle dame che passeggiano, di cui nne riprouduce fedelmente, come in un'istantane, gli costumi indossati, tramandandoci così la moda del tempo. In un'altra ancora si dedica a delle scene agresti raffigurando dei contadini che mangiano o che riposano dalla fatica dei campi. Quindi Giandomenico segue la moda del tempo. Il padre Giambattista lascia totale libertà al figlio, una libertà che il Tiepolo padre concede anche ad un loro collaboratore, Mingozzi Colonna (il quadraturista), che potè dipingere una stanza intera.
Villa Malmarana ai Nani
Gli affreschi sulle pareti furono staccati durante la seconda guerra mondiale per sottrarli alle bombe alleate. Per lo strappo si utilizza una garza incollata sopra e poi dall’alto incominciano a raschiare: la parte dipinta si stacca. Poichè l’affresco è del colore che penetra nell'intonaco fresco per due o tre millimetri, con questa tecnica si stacca giusto lo spessore necessario. In seguito, a fine guerra, con l’operazione inversa, stendendo della calce dietro, hanno riappoggiato lo strappo nella collocazione originaria e tolto la garza collosa messa davanti all'affresco e necessaria per lo strappo. Tutti i pezzi staccati furono riportati qui nel 1949.
Il Sacrificio di Ifigenia
Il salone centrale di passaggio del corpo padronale rappresenta Agamennone che deve muovere le sue navi contro Troia, però ha fatto uno sgarbo alla Dea Diana, uccidendole la sua cerbiatta preferita. Per riscattarsi la Dea lo condanna a sacrificare la prima vergine che avrebbe incontrato sul proprio cammino l’indomani. E la prima vergine che incontra è sua figlia Ifigenia. Di fronte ai nostri occhi sta per consumarsi il dramma: nell'atto di compiere il sacrificio, la Dea, guardando dal cielo, ha compassione e invoca Eolo, dio del vento, per muovere le vele delle navi e contemporaneamente fa condurre da a Cupido una cerbiattia da sacrificare in sostituzione di Ifigenia. Un salvataggio in extremis quindi, poichè in basso si vede un personaggio già pronto a raccogliere il sangue.Tra gli affreschi si distinguono le figure del committente e del pittore. La scena risponde al gusto in voga tra i Veneziani per la teatralità; amavano sedersi nel salone e fra una chiacchiera e l’altra si guardavano attorno gustandosi le scene di storie mitologiche di cui loro sapevano a memoria i versi. Lo spettatore osservi il trompe l’oeil nella figura di Ifigenia, che appare in modo diverso a seconda della posizione in cui si trova ad essere.
Sopra alle porte, le allegorie dei 4 fiumi rappresentano i 4 continenti conosciuti nel Settecento: l’Africa riconoscibile per la sfinge, i due gemelli sono simbolo del Tigre e dell’Eufrate (in Asia), il Mississipi rimanda all’America, e il Danubio all’Europa. Le canne palustri sono simbolo dell’acqua che scorre. Tiepolo ne rappresenta qualcuno frontalmente e altri di tergo. L’acqua è apportatrice di civiltà, tutte le culture più antiche nascono vicino al corso di un fiume.
Stanza dell’Iliade di Villa Valmarana ai Nani
La scena mostra Achille in atto prepotente, è arrabbiato con Agamennnone che ha fatto rapire la schiava Briseide, una sacerdotessa del Dio Sole. Quando Achille era arrivato a Troia aveva distrutto il Tempio di Giove, ucciso i soldati e salvato solo questa sacerdotessa per compassione. Achille se ne innamora e in un momento di debolezza lei gli svela che gli dei non sanno amare perchè sono immortali e non conoscono l’amore. E che gli uomini sono fortunati a provare delle sensazioni. Achille chiede a Briseide di innamorasi e lei inizia ad amarlo. Quando Agamannone sa che Briseide è innamorata la porta via per dispetto e la consegna ai soldati. Achille riuscirà a riprendersela dopo aver ucciso tutti i soldati e medita di uccidere pure Agamennnone: sta per sguainare la spada dall'elsa, ma la madre manda Minerva a prenderlo per i capelli per fermarlo. Da notare, su una delle pareti, la scena in cui Achille piange in riva al mare e la gamba è fuori dal quadro (è un capolavoro di prospettiva). Il figlio Giandomenico in questa stanza rappresenta un paesaggio in cui si riconosce il Monte Summano.
La Stanza dell’Orlando furioso
Le scene alle pareti derivano dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso. Si vede Angelica incatenata sopra ad uno scoglio che viene soccorsa da Ruggero in groppa ad un Ippogriffo. Successivamente Angelica incontrerà Medoro al ritorno da una battaglia, lei lo curerà con delle erbe medicamentose e mentre lo cura se ne innamora. La vediamo nella capanna accolta dai contadini. Paglia, cesto e soffitto sono di mano di Giandomenico che ritroveremo all’opera nella Foresteria. Angelica per sdebitarsi dell'accoglienza regala ai contadini l’anello avuto da Orlando, che quando lo scoprirà quasi impazzerà. Soprattutto, quando troverà il nome di Medoro scritto sulla pianta. Angelica sarà costretta a lasciare Medoro che morirà dal dolore. Medoro è mussulmano, lei è una regina cristiana e deve quindi incoraggiare i Cristiani a combattere per il santo sepolcro. La tematica è nuovamente quella del sacrificio e della rinuncia ad una passione amorosa. Sul soffitto, in cielo, c’è la gloria della Vittoria. Nel tondo un amorino bendato a ricordare che l'amore è cieco.
La stanza dell’Eneide
L’Eneide composta da Virgilio aveva lo scopo di dare ai Romani degli Antenati. Siccome i Romani erano soldati e contadini e non avevano una discendenza illustre, incaricano Virgilio di inventare per loro un’origine mitologica. Nell'Eneide Virgilio farà approdare la nave di Enea sulle coste della Tunisia a Cartagine dove regnava la Regina Didone, che si innamora pazzamente di lui. Marte gli appare in sogno per dirgli che non può fermarsi a Cartagine ma deve proseguire il viaggio perché scoprirà una nuova terra. Eneide, infatti, arriverà in Italia e fonderà Roma. Quando Didone scopre che è partito morirà dal dolore. Su un lato della stanza di riconosce la fucina di Vulcano che prepara le armi per Enea, un condottiere.
La stanza della Gerusalemme liberata
Alla vigilia della realizzazione di questa stanza il committente Giustino Valmarana muore. Il Tiepolo, che era molto ricco e venale, voleva prima essere sicuro di essere pagato, perciò va via lasciando la stanza spoglia. All’apertura del testamento si trovano i ducati utilli a finire i lavori, viene chiamato indietro e velocemente realizza questa stanza (che è la più bella). L'artista aveva fretta di andare a Madrid ad affrescare la reggia reale e sarà poi là che il Tiepolo morirà.
Nella scena si riconosce Rinaldo mentre dorme un sonno profondo, sotto l’incantesimo della maga Armida. Lui la sogna seminuda sopra ad un bellissimo carro trainato da due cavalli. Il giorno dopo viene rapito dalla maga e portato su un’isola delle Canarie dove Rinaldo cede alle lusinghe della maga e getta via le armi. Armida ha uno specchio magico che usa per ammalliarlo e tenerlo legato al sortilegio. Due soldati mandati dalla famiglia d’Este da cui lui discende lo aiutano a liberarsi dall’incantesimo. Rinaldo infatti era un grande guerriero cristiano che aveva come missione quella di recarsi a Gerusalemme per liberare il santo sepolcro. Lui capisce l’errore quando i soldati gli mostrano il suo scudo di guerra; specchiandosi nello scudo si ravvede e si risveglia dall’incantesimo. Dopodiché, si rimetterà in viaggio. Ma nel frattempo però lei si era innamorata per davvero, perciò disperata lo invoca, tenta di corromperlo, si denuda il petto per invogliarlo, ma questa volta il dovere ha il sopravvento su di lui e rinuncia all’innamorata. La rinuncia è un valore e una virtù.
Nel cielo si vede la ragione che ha il sopravvento sull’oscurità. I pipistrelli sono simbolo del peccato perché Rinaldo è stato stregato dalla maga cattiva e si redime.
La Foresteria di Villa Valmarana ai Nani
Qui erano accolti i forestieri che venivano da tutte le parti d’Italia (sia nobili che commercianti) e questo corpo di fabbrica serviva ai Valmarana per accogliere gli ospiti e anche per le trattative d'affari.
La Sala Cinese
Il figlio Giandomenico sceglie nella prima stanza di rappresentare la moda del tempo: la cineseria. Quello che si vede qui è tutto autentico, non è mai stato toccato niente. Ancora oggi la stanza viene usata dagli ospiti. Giandomenico Tiepolo non era mai stato in Cina e quindi poteva solo immaginare come doveva essere. Avrà sicuramente visto dei dipinti portati dai tempi ancora di Marco Polo. Qui si riconosce su una parete la Dea Luna a cui vengono offerti degli agrumi come sacrificio. Osservare come l’albero esca dallla inquadratura. Su un'altra parete il Tiepolo figlio immagina come doveva essere un vaso di oli profumati offerti a un mandarino; poi ancora, un venditore di seta, e a seguire il mandarino che va dall’indovino per indagare sul suo futuro.
Stanza delle scene campestri
Giandomenico rappresenta delle scene rurali con contadini che si riposano dopo il lavoro nei campi. È una testimonianza di come vestissero i contadini al tempo, dignitosamente; si sono tolti le scarpe per far riposare i piedi. Su un lato della stanza si riconosce una vecchietta mentre si reca al mercato per rivendere le sue uova, e durante il tragitto, per la stanchezza, si ferma e si riposa. In grembo stringe tutto il suo tesoro. In un piccolo triangolo Giandomenico ha saputo impressionare bene la fatica della vecchiaia e della dura vita dei campi. Sempre sulle pareti, si riconoscono di schiena due belle signore preparate a festa che si recano in città. I cesti in vimini sono la firma dell’artista. Nella scena in cui si vede il ragazzino scalzo, la mamma ha le scarpe, c’è il pane e il vino sulla tavola, la tovaglia, lei porta il grembiule, come a dire che sono poveri sì, ma dignitosi.
La stanza del padiglione gotico
È chiamata la stanza della passeggiata, sulle pareti si sviluppa un portico neogotico veneziano dove delle signore d’estate passeggiano e guardano fuori verso il paesaggio esterno. Si riconosce anche un paesaggio invernale. I costumi non sono costumi veneziani, ma kosovari, visti da Giandomenico a Venezia. Si vede anche una dichiarazione di un lui ad una lei, che ha dei nei molto evidenti sul viso per indicare che è libera e cerca marito. Lui si fa avanti.
La stanza dell'Olimpo
È tutta del padre Giambattista. Si vede Zeus con lo scettro, la corona, la saetta e l'aquila, simboli del suo potere. Poi si vede Venere riconoscibile perché ha in braccio Cupido che con le frecce fa scoccare le scintille d'amore e nella mano sinistra tiene la mela (data alla più bella). Accanto a lei Marte. La serie prosegue con Mercurio e poi Saturno, dio della morte con la falce e la clessidra per indicare il tempo che scorre. E infine Apollo, il dio della musica, e Diana.
La stanza del mondo nuovo
È chiamata così per la presenza di un riquadro che rappresenta “il ciarlatano”. Questo personaggio tiene un bastone in mano e indica di guardare dentro a dei i fori. Si tratta di una lanterna magica o diorama che gira e mentre gira si vedono le immagini scorrere. È l’anticipazione del cinema. Sta arrivando la modernità. Sono tutti vestiti in maschera e tutti di schiena.
Il personaggio di colore sulle scale dipinte è un capolavoro del padre, forse un personaggio al loro servizio che ha voluto omaggiare in questo modo. La scala è del Mengozzi Colonna. In tutta la villa (40 affreschi in tutto) non c’è una sola firma degli artisti se non qui in un cartiglio nel legno c’è scritto Giandomenico Tiepolo 1757.
Salone d'ingresso
Nel salone centrale si trova anche un ritratto autentico del Palladio: su un quadro c’è scritto Andrea Palladio, architetto vicentino 1576. Il Palladio muore nel 1580. Siamo sicuri che è vero perché è stato fatto da Alessandro Maganza, contemporaneo e compagno d’accademia del Palladio. È un ritratto autentico in cui ha posato Palladio. Su tutta la parete è esposta una serie di quadri meno importanti di famiglia. I Valmarana erano stati eletti conti da Carlo V e quindi nel loro stemma hanno l’aquila asburgica.