Palazzo Thiene
Palazzo Thiene di Vicenza è uno dei palazzi più belli di Vicenza realizzato dal Palladio. I lavori per il cantiere di Palazzo Thiene a Vicenza iniziarono nell’ ottobre del 1542 e proseguirono fino al 1560. Fu con la morte di Marcantonio Thiene che l’impresa si arenò bruscamente. Nel 1872 il palazzo fu acquistato dalla Banca Popolare di Vicenza, recentemente passata a Banca Intesa.
I due committenti, Marcantonio e Adriano Thiene, erano fratelli e facevano parte della grande nobiltà italiana, muovendosi con naturalezza nelle maggiori corti europee. Dagli anni quaranta del Cinquecento in poi, i due fratelli figurano come i più ricchi contribuenti di Vicenza e:
- hanno la necessità di un palcoscenico adeguato a frequentazioni cosmopolite e al rango dei propri ospiti e al tempo stesso vogliono rimarcare il proprio ruolo in città con un palazzo principesco, segno di una vera e propria potenza signorile;
- la funzione primaria del palazzo è quella di sbalordire (o di terrorizzare) i loro concittadini;
- ma anche quella di intrattenere importanti personalità di passaggio a Vicenza.
Secondo un progetto grandioso si dice che il palazzo avrebbe dovuto occupare un intero isolato di 54 x 62 metri. Fu realizzata solo una minima porzione.
Ma il palazzo non fu spreco incontrollato, bensì calcolato investimento nel futuro della famiglia, utile nella negoziazione di matrimoni vantaggiosi dal punto di vista sociale o finanziario e per ottenere posizioni prestigiose o remunerative, come quella di Adriano in Francia, che era al servizio di Enrico II.
Nel 1614 Inigo Jones in visita a Vicenza annota quanto riferitogli da Vincenzo Scamozzi, e cioè che l’ideazione del palazzo è da attribuirsi al maturo ed esperto Giulio Romano (che si trovava a Mantova dal 1523 ove muore nel 1546), mentre il giovane Palladio è responsabile della realizzazione dell’edificio.
Senza dubbio vi sono alcuni elementi riferibili a Giulio, che nel dicembre del 1542 si era recato a Vicenza per due settimane, fornendo ai Thiene i disegni di massima (che forse già aveva dato al Thiene durante un lungo soggiorno a Mantova) e apportando gli ultimi ritocchi:
- l’atrio a quattro colonne rustiche è identico a quelli di Palazzo Te;
- le finestre decorate con colonnine ioniche racchiuse da blocchi sbozzati (un’idea ripresa dalla propria casa di Roma;
- la parte inferiore del prospetto sulla strada e sul cortile (blocchi di bugnato);
- la disposizione di sale allungate attorno al cortile quadrato;
- durante la visita a Vicenza Palladio suggerisce di inserire delle botteghe al piano terra e l’avancorpo mediano sul Corso.
Del Plladio invece sarebbero:
- le trabeazioni e i capitelli del piano nobile;
- la volta a crociera del vestibolo d’ingresso;
- i tentativi di attenuare l’esuberante vigore dell’alzato di Giulio. Palladio dà eleganza ad una composizione più tesa e movimentata. Lui apporta equilibrio e compostezza.
Si potrebbe definire l’edificio come un capolavoro della tarda maturità di Giulio come pure il fondamentale capolavoro giovanile di Palladio. È il risultato della fusione tra i due esponenti di due modi molto diversi di interpretare l’arte degli antichi: l’accento sull’armonia, la classicità e la simmetria di Andrea; quello sulla sprezzatura, l’eccezione e l’asimmetria di Giulio.
Ancora oggi gli storici si dividono fra chi pensa che il palazzo sia da ritenersi uno degli ultimi capolavori di Giulio Romano, concedendo al Palladio solo la parte esecutiva, e chi invece ritiene che l’opera possa essere stata concepita dal Palladio stesso.
La bugnatura è in parte in blocchi di pietra, ma per lo più si tratta di mattoni rivestiti da intonaco lavorato a imitazione di conci lapidei. Questa tecnica, usata nella Roma antica, fu reintrodotta nel primo Cinquecento, nella stessa Roma, da Bramante; utilizzata da Giulio in Palazzo Te, reimpiegata a Vicenza per la prima volta in questo edificio.
Il prospetto esterno e le due ali sul cortile si caratterizzano per il drammatico gioco di forte contrasto tra ombra e luce, superfici aggettanti e piane, incompiuto e finito.
L'atrio del Palazzo
Ambiente erudito per la sua derivazione dalla ricostruzione della domus romana e perché vi sono elementi del linguaggio dei due architetti:
- la sala a 4 colonne;
- i conci sbozzati;
- le serliane;
- le volte a crociera.
Siccome la posizione del palazzo era altamente rappresentativa, ci si sarebbe aspettato che facciate riccamente decorate testimoniassero il rango dei proprietari. È vero il contrario: la costruzione appare eccessivamente massiccia, e il palazzo, se completato, avrebbe ricordato in forma modificata un castrum romano.
L’esecuzione del bugnato è monotona. L’unica forma di ornamento che ravviva la facciata del pianterreno sono la sequenza di bugne trapezoidali a stella sopra agli archi ciechi delle finestre.
Il richiamo alla architettura militare è evidente anche nel piano nobile: come il pianterreno anch’esso è in bugnato, ma di un genere meno appariscente. Il piano nobile appare ugualmente assai massiccio.
Internamente le ali del palazzo avrebbero dovuto essere staccate fra di loro, parti autonome di un tutto, il che conferma per l’interno quello che già abbiamo detto per l’esterno: che Palazzo Thiene è un baluardo chiuso all’esterno su ogni lato, che, oltre a una funzione abitativa ne assume anche una di difesa.
Come si spiega una simile architettura nel centro della città? La risposta a questa interessante domanda si deve trovare nella posizione politica di Vicenza nel 1540, questa città, situata in terraferma, era soggetta all’amministrazione di Venezia dal 1405. Non solo l’amministrazione era nelle mani di Venezia, ma anche la nomina dei suoi membri. L’amministrazione veneziana inoltre proteggeva la popolazione dalle soverchierie della nobiltà locale che era esclusa dalla politica. I nobili adirati e oltraggiati osservavano con disagio l’espansione di Venezia, ma anche le altre province come Mantova, Roma, la Francia e l’Austria, che si strinsero in una Lega. Contro di essa Venezia dovette difendersi, e anche dopo lo scioglimento della stessa le guerre continuarono. Venezia capisce che la sua politica di esclusione della nobiltà di terraferma aveva dato cattivi frutti, perciò si inizio ad includere i nobili nella politica veneziana di terraferma e si comprese l’importanza di queste città sia dal punto di vista militare che commerciale.
La consapevolezza dell’importanza militare del contingente cominciò a produrre i suoi effetti: bisognava fortificare la città. Le fortificazioni si moltiplicarono ed estesero oltre che alle mura della città anche ai palazzi. Pioniere di questo procedimento fu Michele Sanmicheli, che con l’uso del bugnato rustico diede origine a un nuovo stile (come per i palazzi
Canossa e
Bevilacqua a Verona).
Non desta dunque meraviglia che Palazzo Thiene sia un palazzo di città, che, con la sua massiccia costruzione e la sua monumentalità sembra aspirare a essere un’architettura militare. Venezia aveva interesse a mantenere i terreni sulla terraferma fortificati. In quest’ottica si colloca il palazzo di Marcantonio Thiene, signore che aveva ottenuto da Venezia il titolo nobiliare nel 1523. Senza dubbio non si trattava solamente di una dimostrazione di lealtà, l’architettura imponente del palazzo doveva rappresentare a suo modo la potenza di Marcantonio Thiene.