Datazione e trasformazioni
Gli scavi condotti tra il 2005 e il 2008 hanno evidenziato che l’edificio medievale citato nel documento dell’VIII secolo è attribuibile quantomeno all’epoca gota. Anch’esso era ad aula unica (16,50 x 8,50) chiusa da un’abside semicircolare (7,50 x 3,40) ed era preceduto da un atrio rettangolare (3,40 x 2,80).
La muratura di S. Pietro in Mavino si presenta estremamente stratificata, ed è affascinante osservare i diversi materiali utilizzati per la sua realizzazione: ciottoli, conci più o meno squadrati, mattoni romani ed altri laterizi della più varia forma ed epoca. Anche le pareti interne si presentano come un grande palinsesto su cui si sono sovrapposti dal XII al XVI secolo fino a quattro diversi strati di immagini sacre. Secondo i più recenti studi la muratura conserva tracce abbastanza significative della prima fase costruttiva, in particolare nelle due pareti laterali e nella facciata. Di chiara età romanica è il campanile quadrangolare, costruito in due fasi fra l’XI e il XII secolo, con larghe lesene, rozzi archetti e mensoline in cotto. Solo nel XIV secolo venne completato con la costruzione di una cella campanaria e di un pinnacolo piramidale.
All’epoca romanica sono databili anche le absidi, che presentano una struttura chiaramente arcaica, con quella centrale ampia e le due laterali notevolmente più piccole. La chiesa subì un radicale intervento di restauro nel XIV secolo, attestato da una data, Anno Domini MCCCXX, incisa su un mattone alla sinistra del portale di ingresso. A questa fase si debbono la modificazione della facciata con l’apertura dell’ampio portale ad arco scemo, un generale innalzamento dell’edificio e, sulle pareti laterali interne, un grande ciclo di affreschi con teorie di santi e immagini della Vergine. Anche il riuso nella facciata, poco sopra il portale, di due marmi altomedievali – l’uno raffigurante un graticcio, l’altro una colomba che si abbevera da un cantaro – risale a questo periodo.
Nel XV secolo vennero realizzati il rosone e la finestra quadrangolare a sinistra della porta. Altri interventi, infine, nel XVII e XVIII secolo, in linea con il gusto dell’epoca, portarono all’apertura delle due grandi finestre della facciata e della porta sul fianco meridionale.
Gli affreschi
Gli affreschi all’interno sono caratterizzati da una forte varietà di stili. L’abside centrale, ad esempio, presenta una decorazione su due diversi livelli; quello inferiore ci mostra una teoria di Apostoli che continua lungo le pareti della navata, fino a un S. Simeone che con la destra indica un cartello ove è riportata la data dell’esecuzione: 1320. Al livello superiore troviamo due piccoli riquadri con le anime dei dannati e dei beati che pregano rivolti alla grande mandorla ove troneggia il Cristo Pantocratore, cioè sovrano di tutte le cose, assiso regalmente sulla linea curva dei cieli. Racchiuso in una mandorla, indossa una veste con fasce impreziosite da gemme e perline. Ai suoi lati sono inginocchiati la Madonna e Giovanni il Battista, accompagnati da due angeli che suonano le tube del giudizio. I due sono raffigurati nell’atto di intercedere a favore delle anime rappresentate in due vasche situate ai loro piedi. Nelle absidi minori sono rappresentate a destra una Crocifissione, a sinistra una Madonna in trono con Bambino. La parte dei beati è poco conservata, mentre quella dei dannati mostra un sarcofago reso a imitazione del marmo verde al cui interno le anime vengono attaccate agli occhi dai serpenti, forse perché non sapranno godere della luce divina.
Giudizio Universale
La scena del Giudizio, tradizionalmente, non era collocata nell’area absidale, ma in controfacciata, a monito per i fedeli che uscivano dalla chiesa. La composizione è stata collegata alla fortuna del Dies Irae, una sequenza diffusa dalla fine del Duecento che parla del Giudizio finale, ma anche a versetti evangelici: “e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e splendore. Egli manderà i suoi angeli i quali con lo squillo della grande tromba raduneranno i suoi eletti dai quattro venti da un estremo all’altro dei cieli” (Matteo, 24, 30-31).
Il dispiegamento di ornamenti nelle vesti con perle e pietre preziose è molto diffuso nei primi decenni del Trecento nella pittura della provincia veronese, mentre una caratteristica più legata alla tradizione lombarda è l’espressività di alcune figure che raggiunge tratti molto carichi negli angeli che suonano la tromba. Visto che si tratta di un ciclo, e non di pitture isolate, vi si può forse leggere un significato generale atto a ricordare ai fedeli che prima o poi, nonostante il sacrificio di Cristo (abside destra), sarebbe arrivato il Giudizio finale e che per salvare la propria anima bisognava seguire la parola di Dio (gli apostoli con il libro in mano un tempo nel registro inferiore) e pregare per l’intercessione dei santi e della Vergine (abside sinistra).
Gli affreschi della chiesa dovevano istruire i credenti suscitando in loro devozione e al contempo fornire un ruolo sociale e di rappresentanza importante per la committenza degli affreschi e per la comunità.