Santuario Madonna della Corona
La Corona è nido di silenzio e meditazione, sospeso tra cielo e terra, celato nel cuore delle rocce del Baldo. Potenza della natura scaturigine delle acque; un luogo ideale per percepire la nullità dell'uomo, la grandezza del creato, la potenza del Creatore.
La storia del Santuario
Il Santuario della Madonna della Corona affonda le proprie origini già nel Mille; vi è infatti testimonianza di Eremiti legati ai Benedettini di San Zeno che vivevano sul Montebaldo. Ma la prima vera attestazione dell’esistenza del Santuario della Corona la si ritrova in un atto del 1278, che parla esplicitamente di “Santa Maria della Corona”. Di questa prima chiesa non resta nulla. I successivi documenti del Trecento parlano chiaramente di una comunità di monaci che vive in questo luogo, la cui peculiarità era quella di essere difficilmente raggiungibile. Ma i Santuari spesso sono un invito al fedele a compiere una fatica, uno sforzo che sottolinea la volontà di volere purificarsi spiritualmente, espiare le proprie colpe e raggiungere la divinità.
Conosciamo anche, grazie ad una enorme disponibilità cartografica, il sistema di discesa al Santuario in uso in tempi passati. Vale a dire attraverso la cosiddetta “gabbiola”, una sorta di ascensore. Si trattava di una gabbia in legno collegata a una fune sorretta da una carrucola e che permetteva alle persone di salire e scendere dal promontorio soprastante. In quei tempi presumibilmente qui vi era solo una grotta affiancata da un piccolo edificio.
Ma la data cardine è quella del 1437 in cui viene attestata la presenza in questo luogo di una nuova entità in sostituzione dei Benedettini di San Zeno, vale a dire i Cavalieri di Rodi, che oggi chiamiamo Cavalieri di Malta. Questi a Verona possedevano la Commenda di San Vitale e del Santo Sepolcro. Da quel momento i Cavalieri estendono il controllo su questo luogo ed è grazie a loro che la località assumerà un’importanza sempre maggiore, facendosi promotori di una serie di trasformazioni dell’edificio.
A testimoniarci fisicamente questo momento cruciale del 1437 è l’elemento principale del Santuario, vale a dire l’effigie in pietra della Madonna della Corona, oggi oggetto di venerazione. L’immagine è collocata sul fondo della chiesa attorno alla quale si stagliano degli angeli. La statua della Vergine con Bambino è collocata entro una corona di spine in bronzo ed è datata 1432. La data è riportata sul basamento assieme al nome del committente, Ludovico da Castelbarco. Si tratta di un’opera trasporta qui dai Cavalieri di Rodi che l’hanno inserita entro un Santuario dalle origini molto antiche e raffigura una pietà, un’immagine di matrice nordica, che da Oltralpe si è diffusa nel nord Italia. L’artista ignoto aveva certamente conosciuto l’espressività germanica mutuandola alla propria arte di scalpellino.
Nel 1481 i Cavalieri affidano la cura del luogo alla Congregazione dei Gerolimini, o Gerolomini, vale a dire alla Congregazione dei poveri Eremiti di San Girolamo. Questi vennero investiti non della titolarità, che restò nelle mani della Commenda di San Vitale e Sepolcro, ma della spiritualità, quindi accogliere i pellegrini e celebrare le messe. I sacerdoti che si susseguirono furono incaricati dai Cavalieri di Malta di occuparsi della vita spirituale dei pellegrini ed il luogo divenne sempre più frequentato, tant’è che nel Seicento la chiesa viene completamente ricostruita.
La chiesa fu ulteriormente trasformata e ingrandita nel Settecento per accogliere i numerosi pellegrini, e ne sono testimonianza gli infiniti Ex Voto appesi sulle pareti. Questi sono la parte superstite di un numero molto più elevato di tavolette votive disperse negli anni.
Nel 1899 la facciata venne ulteriormente ingrandita per assumere le forme attuali in stile neogotico. In quell’anno avviene un evento importante a giustificare il rifacimento della chiesa, vale a dire la Coronazione della Vergine; viene collocato sul capo della Madonna una corona per aumentarne l’importanza. Però il nome madonna della Corona non deriva dalla corona che porta in testa, ma è un riferimento alla corona di roccia che cinge il luogo.
Le vicende dell’edificio proseguono, e nei primi anni del Novecento viene ricostruito il campanile e vengono aggiunte diverse opere scultore come le statue in marmo bianco di Carrara dello scultore Ugo Zannoni, mentre l’interno viene ulteriormente trasformato.
Nel 1975-1978 la Diocesi di Verona commissiona il rifacimento dell’edificio che fu allargato fino a lambire la roccia del Montebaldo e al contempo è stata ripensata l’area presbiteriale. Raffaele Bonente ricolloca la Madonna nella posizione attuale, mettendola a contatto con la nuda roccia. Intorno crea una disposizione di angeli in bronzo che fanno da corona alla Madonna.
I cambiamenti che si son succeduti nei secoli hanno pregiudicato il patrimonio artistico dell’edificio; non abbiamo opere di grande pregio, perché son state in parte perse a causa delle continue trasformazioni. A questo aggiungiamo che le condizioni climatiche del posto non proprio tra le migliori causarono il dterioramento di diverse opere col passare del tempo.
Le origini leggendarie
Ad accrescere la fama del luogo e la voglia di intraprendere lunghi pellegrinaggi per giungere qui è stata la leggenda sull’apparizione della statua, una leggenda che oggi è ritenuta essere erroneamente alle origini della nascita del Santuario. Nel Seicento un patrizio veneziano scrive una storia leggendaria, raccontando di essere stato prigioniero dei Turchi ed impiegato sulle loro navi. Egli riferisce che mentre si trovava schiavo su queste navi aveva sentito raccontare da altre persone che una statua della Vergine che si trovava a Rodi sparì miracolosamente nel momento in cui l’isola fu assediata dagli infedeli per riapparire in terra veneta. Liberatosi dalla schiavitù entra nell’ordine dei Cappuccini mantenendo vivo nella mente il ricordo di questo racconto. Ad un certo punto la sua famiglia si trasferisce da queste parti, a Caprino Veronese, e un giorno viene con la famiglia al Santuario come pellegrino. Il patrizio racconta con grande stupore che la famosa statua scomparsa da Rodi di cui aveva sentito parlare era questa. E da lì nascerà tutta una serie di scritti, racconti, libri e pubblicazioni che ingigantiscono il miracolo legato all’immagine. Così come a Loreto gli angeli avrebbero trasportato la casa della Madonna, in questo caso la Vergine decide di abbandonare Rodi sul punto di cadere nelle mani dei mussulmani capeggiati da Solimano II per rifugiarsi qui. Dopodiché la storia si arricchisce di mille dettagli leggendari: quelli più diffusi raccontano che la Madonna sia stata trovata qui attraverso dei bagliori di luce visibili di notte, viene raccolta e portata a Spiazzi e la statua risparisce per tornare nel luogo del rinvenimento a sottolineare che non voleva spostarsi. Questa leggenda ha accresciuto la popolarità del luogo che si è diffusa a macchia d’olio, ma che poco ha a che vedere con le origini vere dell’edificio.
Arte: gli ex voto
Fra la serie di quadri ex voto esposti sulla parete di destra, il vero gioiello è il Cristo alla colonna di Antonio Balestra (1666-1740) che è stato segnalato dagli storici per la notevole qualità artistica. Balestra non realizza quest’opera su commissione, ma fu una donazione personale, infatti sul retro c’è la dedicazione e la datazione (1724). L’evento rappresentato è drammatico, ma non scorre sangue, con un linguaggio e colori delicati riesce a trasmettere la drammaticità dell’evento. E questo emerge soprattutto dal pallore: la carnagione grigia del Cristo suggerisce la sensazione della morte imminente. Il pittore gioca con le linee: la colonna è in verticale, e Cristo invece è piegato su sé stesso, aumentando così la sensazione di un corpo ormai esanime che sta cadendo a terra. I panneggi son realizzati con la sua tipica sapienza cromatica. Sembra quasi di potere toccare i tessuti realizzati in luce ed ombra. Il panneggio sotto al corpo esalta il pallore del corpo, e sulla sinistra un panneggio che suggerisce una sorta di sipario aperto per mostrarci il momento drammatico. In primo piano vengono riprodotti gli strumenti della passione di Cristo e anche un vaso che dimostra la sua enorme abilità pittorica. L’eccezionalità dell’opera è quella di essere un ex voto, un’opera devozionale personale dell’arista, per un luogo che segna da sempre la spiritualità della provincia di Verona, ma la cui attrazione travalica i confini regionali.
Le altre opere esposte sono artisticamente meno pregevoli, fra queste segnaliamo “La processione degli abitanti di Bardolino” (1665), un ex voto interessante sia per le dimensioni notevoli sia perché ci mostra il Santuario come appariva nel Seicento. Gli abitanti stanno ringraziando la Madonna della Corona per avere fatto piovere dopo un periodo di lunga siccità.
Percorso di visita
Cappella delle confessioni
Si tratta di un corpo di fabbrica aggiunto durante gli ultimi rifacimenti degli anni Settanta. Fu pensato come luogo di penitenza, i confessionali permettono al fedele di avvicinarsi al sacramento della confessione prima di approdare dentro in chiesa. Qui è stata riprodotta una Scala Santa, che sappiamo già esisteva nel Santuario dal Settecento. La Scala Santa permette al fedele salendo in ginocchio di espiare le proprie colpe. Essa ricorda i gradini percorsi da Cristo per giungere al cospetto di Pilato. Percorrendo la scaletta a fianco si giunge in un ambiente dove si conserva l’affresco più antico del Santuario.
Alla sommità della Scala Santa vi è un’immagine di Cristo del 1946.
Nello stretto corridoio si raccoglie una ulteriore serie di Ex voto ad attestazione di grazie ricevute a forma di cuore in argento e con la sigla GR, per Grazia Ricevuta. Ma ci sono anche altri elementi, come un San Carlo Borromeo e un San Francesco pertinenti alla chiesa più antica settecentesca.
Qui poi c’è il frammento di affresco del primissimo sacello del Santuario della Corona. Risale al Trecento, pesantemente ritoccato nei volti.
Inoltre c’è una riproduzione bronzea in scala reale della statua Madonna della Corona così che tutti i fedeli possono avvicinarsi. In questo modo si crea un contatto con l’oggetto della venerazione, altrimenti inavvicinabile nel Santuario. Attorno vi sono 8 lunette del 1822 che facevano parte dell’antico altare maggiore dove era inserita la statua della Vergine. Al posto dell’altare di oggi c’era un baldacchino, dentro la figura della Madonna, sotto il tabernacolo e intorno correvano queste 8 formelle.
Nelle bacheche vi sono poi dei reliquari e candelabri preziosi che costituiscono il corredo liturgico e le donazioni devolute al Santuario nei secoli. Vi sono esposti anche i bozzetti delle opere dello Zannoni.
Nel 1982 il Santuario è stato riconosciuto come Basilica Minore e nel 1988 fu visitato da Papa Giovanni Paolo II. Della sua visita resta un rosario qui esposto che ha donato al Santuario.
Il sepolcreto degli Eremiti
Raccolta di ossa dei vari eremiti che nell’arco della storia secolare si sono alternati nella cura del luogo: Paolo fu l’ultimo eremita. Dopo la soppressione del 1806 dell’ordine di Malta, il luogo è passato sotto la Diocesi di Verona diventando una rettoria diocesana. Le foto esposte in po’ ovunque sono quelle di persone che cercano la protezione della Madonna. È ancora oggi un luogo vivo e vissuto.
La Canonica nuova
Si vedono le immagini che raffigurano il Santuario nelle sue diverse epoche, la seconda chiesa del Quattrocento, la terza versione della fine del Seicento, poi quella ottocentesca e l’attuale degli anni Settanta. La canonica vecchia fu distrutta da un masso caduto che ha ucciso due religiosi.