Vittoriale degli Italiani a Gardone
Diventato ormai da anni il museo in assoluto più visitato del Lago di Garda, il Vittoriale degli Italiani di Gabriele d'Annunzio è una delle meraviglie del lago e per molti una tappa obbligata. Di seguito troverete alcune informazioni generiche su questo posto unico, i cui segreti vi saranno svelati durante la visita guidata del parco che circonda la dimora del Vate.
D'Annunzio, cenni biografici
Nell'arco della sua eccentrica esistenza D'Annunzio visse in diverse città (Roma, Napoli, Parigi, Venezia), e fra le sue dimore resta leggendaria la Capponcina, sulle colline di Firenze, a Settignano, dove vive come un principe del Rinascimento, fra cani e cavalli. Dovrà abbandonarla ingloriosamente perché braccato dai creditori che lo costringono all’espatrio.
Dopo lunghe peripezie approderà sulle sponde del lago nel 1921. Arriva qui con Alessandra di Rudinì, una nobildonna che prende il posto della Duse. Dopo i travagliati mesi fiumani, il poeta soldato cerca un rifugio nel quale raccogliersi dopo tanto protagonismo. Meglio una zona di confine, un lago del Nord con un aeroporto a portata di mano. I suoi collaboratori più stretti arrivano qui in perlustrazione.
D’Annunzio approda a Villa Cargnacco il 28 gennaio, e viene affascinato dal viale di rose e dal pianoforte Steinway nel cuore della casa, appartenuto a una figlia di Cosima Liszt, che aveva sposato Heinrich Tode, il proprietario tedesco, illustre studioso d’arte. Rustica, immersa nel verde, tra un uliveto e una limonaia.
Il poeta affitta inizialmente la villa per 600 lire al mese, una residenza destinata a diventare il Vittoriale degli Italiani, la sua opera più bella. Alloggia inizialmente al Grand Hotel di Gardone insieme alla pianista Luisa Baccara, l’ultima delle sue amanti, che vive con lui dai giorni fiumani.
La sua prima preoccupazione all'indomani del trasferimento fu quella di “stodeschizzare” la villa (strapparle l'aria tedesca a favore di un'atmosfera più nostrana). Sulle prime intende soggiornare qui solo poche settimane, giusto il tempo di portare a termine il Notturno, ma ben presto pensa di restare in questa casa “per riporvi i resti dei suoi naufragi”. Perciò comprerà la villa per la somma di 130.000 lire, che lui non ha, ma che ottiene con un prestito bancario, che sarà liquidato solo dopo la sua morte.
Intorno alla villa vi erano un uliveto, dei giardini e un frutteto per un in totale 2 ettari. Con gli acquisti successivi arriverà agli attuali 9 ettari, realizzando così una vera cittadella fortificata. “Come una lumaca, ho ora il mio guscio”, la casa è modesta, lontana dal lusso e dalle stravaganze che lo hanno reso leggendario.
Inizialmente la chiama Canònica (la casa di un prete di campagna), ma poi la ribattezza la Prioria, perché la considera come una sorta di convento di clausura in cui egli è appunto il “Priore”. Inizialmente di tono dimesso, poi la casa diventerà via via grandiosa.
Il Vittoriale è il nome di un libro spagnolo, il Victorial, e inoltre fa eco a Vittoriano, il monumento che Roma capitale ha dedicato a Vittorio Emanuele II. D'Annunzio intende fare della propria casa un monumento nazionale.
Nel 1923 il Vittoriale viene donato allo Stato con un precisa contropartita: la donazione sarà tanto più generosa quanto più consistenti saranno le risorse che gli vengono concesse. "Io ho quel che ho donato" è appunto il motto araldico inciso nel frontone d’ingresso che conduce all’interno di un complesso costruito dal 1922 fino agli anni Cinquanta, dopo la sua morte. Maroni, che pratica lo spiritismo, dirà infatti che il Comandante gli impartisce gli ordini dall’aldilà. Con la donazione D'Annunzio si è assicurato i mezzi per il grandioso allestimento.
Il Vittoriale non è semplicemente la casa di un artista, è la cittadella di un poeta soldato. È prima di tutto un monumento alla Grande Guerra. Già l’ingresso ci accoglie con insegne e motti. Per raggiungere l’abitazione si passa attraverso un intrico di vie, piazze e piazzette dove pili, statue e scritte ci invitano a ripercorrere passo a passo le tappe di gesta eroiche. D'Annunzio si sente un principe, al quale dobbiamo la salvezza della patria. I visitatori in visita compivano una sorta di pellegrinaggio, mossi da un sentimento di religiosa devozione. Il Vittoriale è a tutti gli effetti una composizione poetica tradotta in “pietre vive”.
Il Giardino della Prioria
All’allestimento del giardino D'Annunzio dedicò le stesse cure riservate agli interni.
Sorpassato l’architrave in pietra ci si trova di fronte a un gruppo statuario:
- San Francesco;
- Il leone di Sebènico e un gregge di pecore;
- Massi sparsi dei monti dove durante la guerra più duramente si è combattuto (Monte Grappa);
- un lembo di prato, ove sulla destra si trova una fontana in pietra, contornata da putti
Di seguito i principali elementi che si possono trovare nel parco:
L'arengo: qui D'Annunzio riuniva i fedeli fiumani per cerimonie commemorative. Si tratta di un luogo quanto mai simbolico, costituito da un alto scanno di pietra (quasi un trono) attorno al quale ci sono altri sedili fra i quali si ergono le 17 colonne simboleggianti le 17 vittorie di guerra. Unica statua la Vittoria in bronzo di Martinuzzi, coronata di spine, con la dicitura: et haec spinas amat Victoria.
Più oltre, verso l’agrumeto e il frutteto, il pilo della reggenza e la colonna Marciana, con la più alta antenna del Vittoriale, sulla quale veniva issato il gonfalone di San Marco.
Prima di giungere al frutteto si incontra la tomba della figlia Renata, prediletta da D'Annunzio che la chiamava familiarmente Cicciuzza. Nel frutteto spiccano le grandi aquile e i gigli sopra ai pilastri che lo recingono, che richiamano i giardini di Villa d’Este a Tivoli. Simbolico è pure il cimitero dei cani, lui scrive, il simbolo del Nulla.
Tomba di Maria Hardouin di Gallese: la legittima consorte che abita qui e tollera il continui andirivieni delle numerose amanti. Nell’ormai remota giovinezza, Maria si era gettata da una finestra della casa romana di via Piemonte: a tanto l’aveva spinta la gelosia. A lei, nella nuova veste di amica indulgente, il marito fedifrago riserva l’intera villa Mirabella, immersa nel verde dei Giardini e prospiciente il lago. La villa ospitava anche gli artisti chiamati a decorare il Vittoriale e anche il bibliotecario.
Fontanone del Delfino: raccoglie l’acqua del rio dell’Acqua pazza. Si tratta di un torrentello che fu biforcato da Maroni in due alvei di scorrimento che D'Annunzio definì acqua pazza e acqua savia. Dalla Prioria si poteva udire l’armonioso scorrere del rio, irrinunciabile sottofondo per il poeta che non mancò di protestare vivamente quando, durante i lavori di sistemazione del parco, la corrente venne deviata.
La Nave Puglia, la cui prua, confitta nella roccia, ripropone un mito vikingo, è il più suggestivo allestimento degli esterni. Essa commemora un evento luttuoso: il capitano della nave Tommaso Gulli morì insieme al motorista Aldo Rossi nelle acque di Spalato il 10 luglio 1920.