Se c’è a Verona un personaggio che meriti davvero un monumento, a titolo di riconoscenza, questo personaggio è Giulietta; e benché Verona possa notoriamente vantare molti altri titoli d’onore e di fama, questo, di aver ispirata, ospitata, conservata la più immortale favola d’amore di tutti i tempi, non è certo, fra molti, il più trascurabile. Verona è, di fronte al mondo, non soltanto la città dell’Arena, di San Zeno, di Cangrande, del Pisanello e di Paolo Caliari: è anche la “città di Giulietta e Romeo”, che è a dire, pressappoco, la città di Shakespeare. Quanto ciò sia importante lo provano le decine di migliaia di persone, di tutti i paesi del mondo, che vengono annualmente a visitare la casa e la tomba di Giulietta, e tentano invano di penetrare nella casa di Romeo, sempre arcignamente chiusa. Poco importa che Giulietta e Romeo siano esistiti veramente; tanto bella è la fiaba, tanto poetica la leggenda e tanto alta la fantasia che il resto non conta. Detto ciò, possiamo immaginare un itinerario di luoghi shakespeariani, o almeno così considerati o idealizzati, attraverso i quali poter rivivere in qualche modo la storia dei due sfortunati innamorati.
Accanto alla Arche Scaligere sorge una delle più suggestive case medioevali veronesi, quella che la tradizione popolare vuole sia la “casa di Romeo”. È un severo edificio duecentesco già di proprietà della potente famiglia Nogarola nel periodo scaligero. In seguito esso fu acquistato dai Bevilacqua Lazise, altra casata prestigiosa durante il Quattrocento. Le murature in cotto merlate alla sommità, la caratteristica struttura della pianta che abbraccia tutto l’isolato e si sviluppa attorno ad un cortile cintato verso la strada, i resti di una torre all’angolo, sono i segnali più evidenti della funzione difensiva dell’edificio, che in origine doveva essere un castello urbano, simile alle dimore scaligere. La torre dove oggi c’è l’osteria era da utilizzarsi in caso di attacco.
Questo edificio del XII secolo, sorto per accogliere le magistrature della Verona comunale, era il luogo, ai tempi in cui si svolse la tragedia d’amore, nel quale operavano i rappresentanti della città, e qui avrebbe potuto essere decretata la sentenza dell’esilio per Romeo dopo l’uccisione di Tebaldo.
È un’antica casa risalente al Due-Trecento, più volte rimaneggiata. La tradizione la indica come la casa dell’eroina di Shakespeare poiché ci sono forti probabilità che appartenesse ai Ceppelletti, o Capuleti che dir si voglia. I dettagli non sono importanti, dopotutto non è la persona Giulietta che interessa, probabilmente non è mai esistita, bensì la vicenda, il suo simbolo d’amore, la magica poesia con la quale il genio di Shakespeare è riuscito a circondarla. Nel cortile si trovano la statua in bronzo che la rappresenta e il celebre balcone.
"Ma tu mi sei più cara, o casa dell'ebbrezza, o balcone su cui fremeva il canto del rosignolo, ove la carezzante Giulietta allacciva Romeo al suo collo".
Shakespeare non ci dice dove si volge il duello tra Romeo e Tebaldo, ma stando a quanto scritto nella novella di Matteo Bandello, esso accadde presso l’attuale Corso Cavour:
"su il Corso vicino a la porta dei Borsari verso Castelvecchio"
Si tratta di un’antica porta medievale posta nei pressi di Piazza Bra, che nel Trecento era una delle principali della città. Da lì si dipanavano le strade che conducevano a sud, e quindi a Mantova. Qui sorgeva la cinta muraria al di fuori della quale per Romeo, non v’era mondo. Leggiamo le sue parole:
"Non esiste mondo fuori delle mura di Verona: non c'è che purgatorio, supplizio, l'inferno stesso. Essere esiliati di qui, vuol dire esser esiliato dal mondo; e l'esilio dal mondo è la morte".(Romeo e Giulietta, atto III, scena III)
È qui, nel Convento di San Francesco al Corso, in un suggestivo e diroccato complesso monastico, che secondo la tradizione viveva Frate Lorenzo ed è sempre qui che fu celebrato il matrimonio segreto. All’interno di questo luogo poetico avrebbe trovato la pace eterna la povera fanciulla. In una vecchia cantina del convento è stato posto il celebre sarcofago, indicato come la tomba di Giulietta.
Il lacrimevole pellegrinaggio si suole quindi concludere nel Chiostro dei Cappuccini. Qui, tra salici piangenti e bianche colombe, si scende nella cripta:"Tomba? Oh, no! Faro, o sacrificata giovinezza: chè lì giace Giulietta, e la bellezza sua fa di questa cripta uno sfolgorante lucernario di festa"(Romeo e Giulietta, atto V, scena III)