Se da una parte Piazza Erbe appare mossa, articolata, pittorica e assurda nella sua disposizione articolata, Piazza dei Signori è composta, razionale, geometricamente definita, silenziosamente raccolta. Non c’è che un brevissimo tratto di strada tra le due piazze; eppure sembrano appartenere, luna e l’altra, a due differenti mondi. I soliti miracoli che accadono a Verona.
Ci si entra, in questa piazza che vorremmo chiamare il “salotto buono” della città, da cinque strade diverse; e ogni volta, per entrarci, bisogna passare sotto un arco: cinque archi che sopportano ciascuno la statua d’un illustre personaggio veronese. Sopra l’arco di via Fogge c’è quella del celebre medico e umanista Girolamo Fracastoro, che ha in mano un globo, una grossa palla, destinata a cadere – si dice – sul capo del primo galantuomo che passi là sotto: la sfera, naturalmente, non è ancora caduta. Sono proprio questi archi, che collegano fra loro monumenti e architetture dissimili per stile, ad accrescere l’illusione di un’armonica e coerente continuità.
In realtà la piazza rappresenta un campionario di stili architettonici:
Al centro della piazza il bel monumento a Dante dello scultore Ugo Zannoni, eretto nel 1865, presente ancora l’Austria in Verona, con la scusa del centenario dalla nascita, ma in realtà per far capire agli austriaci che i veronesi ne avevano abbastanza, e che per loro Dante era l’Italia. Non a caso Piazza Dante è il secondo nome di questa piazza, ma il più comunemente usato dai veronesi. Con una delibera del 22 aprile 1865 il Patrio Consiglio Comunale accolse l’invito dell’Accademia e della società di Belle Arti di erigere un monumento a Dante e di dedicargli una via. La data si ricollega alla ricorrenza del sesto centenario dalla nascita del poeta. Il governo austriaco, intuendone la polemica sottesa, mise i pali tra le ruote.
La statua serve anche a ricordare il soggiorno del sommo poeta presso il prospiciente palazzo dei Della Scala, detto palazzo del Governo o di Cangrande (oggi sede della Prefettura), dalla ricca merlatura ghibellina. L’attuale edificio è in gran parte opera di ricostruzione degli anni trenta del Novecento. Si è certi che già nel 1311 fosse abitato da Cangrande I che qui ospitò sicuramente Dante e, secondo il Vasari, anche Giotto, che vi fece alcune pitture e ritrasse il Signore di Verona. Nel 1533 fu aggiunta la bellissima porta rinascimentale da Michele Sanmicheli.
Sul lato meridionale, ai lati di Via Dante, troviamo il Palazzo della Ragione a destra e quello dei Tribunali (o Capitanio) sulla sinistra. Via Dante si chiamava precedentemente Lòvara, in riferimento all’omonima prigione che si trovava nella torre a ridosso del palazzo del Capitanio (“lòo” o “òvo”, lupo; “lòvara”, tana di lupi).
Il palazzo della Ragione è uno splendido edificio del secolo XII riconosciuto come il più bell’esempio di architettura civile romanica esistente in città. Si presenta come un’imponente costruzione a schema quadrato e cortile al centro con arcate romaniche e una scala marmorea del 1447 che fino ad anni recenti conduceva alla sede dell’aula di giustizia del tribunale cittadino e per questo detta Scala della Ragione.
Il palazzo dei Tribunali è un complesso formato da edifici sorti in diverse epoche e destinati ad assolvere funzioni diverse e che col tempo han dato luogo a un cortile centrale chiuso come per il palazzo della Ragione. Dietro si estendeva un vasto brolo, il giardino degli Scaligeri, dove oggi c’è il monumento di Garibaldi. Qui i Signori oltre alle passeggiate davano le loro feste, alle quali invitavano la nobiltà locale e i loro amici.
Dall’arcata tra il palazzo del Governo e il palazzo dei Tribunali si sbuca in una piazzetta, trasformata nel XIV secolo in uno stravagante trionfo di fantasia gotica: le tombe scaligere, dette Arche.