Piazza delle Erbe
I Veronesi la chiamano Piazza Erbe, come per meglio identificare e fondere il luogo e la funzione; mercato della frutta e della verdura, quella frutta colorita e polposa, quella verdura fragrante che sono l’orgoglio della campagna veronese; e continua ad esser così anche se oggi ai banchi dei fruttivendoli e degli ortolani se ne sono aggiunti, ormai tanti, di mercanzie che con l’”erbe” han poco da vedere: tessuti, scialli, panini, T-shirt, borse, cappelli, pinocchi e calamite.
Baricentro della zona monumentale della città, palcoscenico privilegiato dell’urbanistica veronese, la piazza ha mantenuto la propria funzione storica di mercato; la forma a fuso ricalca l’impianto del foro romano, un tempo situato in questo luogo.
Nella zona centrale, chiamata “toloneo”, si addensano gli ombrelloni bianchi delle bancarelle, aperti da mattina a sera. Fra i banchi di vendita si allineano colonne e monumenti; venendo da Corso Porta Borsari s’incontrano nell’ordine:
- La colonna marmorea con il Leone di San Marco (1523), attestante la devozione della città a Venezia.
- La bella fontana di Madonna Verona (1368), che ha una storia curiosa: reperto romano, simulacro di una dea (forse Minerva), venne prelevata dal Campidoglio e collocata nel Foro nel 380 d.C.. Dispersa, fu rintracciata acefala e parzialmente distrutta. Reintegrata dei pezzi mancanti, incoronata e ornata del cartiglio sul quale in latino si legge che la città di Verona è "portatrice di giustizia e amante di lode": “Est iusti latrix urbs haec et laudis amatrix”, fu collocata nel 1368 da Cansignorio della Scala sopra la fontana da lui voluta. Per il rimodellamento della statua romana fu probabilmente incaricato Bonino da Campione. La fontana è composta da una vasca in porfido, proveniente da un edificio termale romano, sopra la quale si erge in elegante stelo sormontato da una statua classica, indicata come Madonna Verona. Una volta questo termine voleva dire “signora” (i francesi dicono ancora madame e gli inglesi milady).
- La cinquecentesca berlina. Il nome è improprio, sarebbe un capitello o edicola, utilizzata per celebrare l’insediamento del podestà, venivano proclamati i bandi, ed erano puniti i bestemmiatori e i colpevoli di frode. Sul lato del baldacchino così come su un gradino sono visibili le misure commerciali veronesi.
- La colonna del mercato (1401) era un tempo presso la berlina ed era usata per esporre i condannati agli insulti del popolo. Ora la colonna si trova sul lato meridionale e regge un’edicola piramidale, voluta da Gian Galeazzo Visconti per esporre le insegne del Ducato milanese, scalpellate allorché Verona passò sotto la Repubblica Veneta.
- A margine tra piazza Erbe e via Cappello è stata collocata nel 2004 la statua di Roberto Barbarani, detto Berto, poeta veronese. Il suo sguardo sembra rivolgersi al centro della piazza, in direzione della statua di Madonna Verona, simbolo della città tanto celebrata nelle sue poesie.
Tutt’intorno, i lati della piazza presentano un’ininterrotta cornice di edifici antichi, con un’alternanza pittoresca di semplici case e austeri complessi monumentali di varie epoche. Tra questi spiccano, partendo dal lato nord:
- La torre del Gardello alta 44 metri, fatta costruire nel 1370 da Cansignorio; è chiamata anche “torre delle ore” perché vi fu collocato il primo orologio cittadino meccanico a campana (quest’ultima ora al museo di Castelvecchio). L’orologio è classificato come uno dei primi costruiti in Europa in quell’epoca. La denominazione Gardello è di origine incerta, alcuni la fanno risalire al termine cardo: strumento per cardare la lana usato nella vicina corte Sgarzarie.
- Al suo fianco è l’esuberante facciata di palazzo Maffei (1668), uno dei migliori esempi di barocco a Verona, con statue di divinità pagane e balaustre. Fu dimora di un’antica famiglia veronese e del letterato Scipione. Il pianterreno è composto da cinque portoni a bugnato, mentre nel primo piano si aprono cinque grandi finestre, con balaustre e mascheroni nel timpano, scandite da mezze colonne ioniche. Il secondo piano ha finestre più piccole, divise da lesene e targhe con motti e imprese della famiglia. Conclude il palazzo una balaustra con statue di Ercole, Giove, Venere, Mercurio, Apollo e Minerva. Negli anni '80 sotto al palazzo son stati rinvenuti i resti dell'antico Capitolium, dove i sacerdoti romani veneravano con sacrifici animali la triade capitolina: Giove, Giunone e Minerva.
- Passando al lato orientale della piazza, il primo tratto è occupato dalle case Mazzanti, unite da un portico rinascimentale del 1480 e adorne di festosi affreschi mitologici (Ignoranza, Prudenza, Invidia, Lotta tra Giganti e la Provvidenza) dipinti verso il 1530 dal mantovano Alberto Cavalli, allievo di Giulio Romano.
- Il retro delle case, raggiungibile dal suggestivo volto Barbaro, conserva importanti testimonianze medioevali tra cui spiccano una scala e brani di decorazioni pittoriche. Molto pregevole è la splendida vera da pozzo rinascimentale, con architrave sorretto da due colonne, noto come pozzo Mazzanti (1478). Ancora oggi mostra le guide di ferro che permettevano di calare i secchi dalle case. È uno degli angoli più pittoreschi di Verona.
- Alle case Mazzanti segue l’arco della Costa, comunicante con Piazza dei Signori: prende il nome dall’osso di balena che pende dalla volta, antica insegna di una bottega di speziale che si affacciava sulla Piazza, ma che la voce popolare definiva come “costola del Diavolo”. Oggi si racconta che porti fortuna passarvi sotto.
- Infine, il prospetto neoclassico apposto da Giuseppe Barbieri nel 1810 sul palazzo del Comune o della Ragione, costruito tra il 1193 e il 1196. Al piano nobile si riuniva il Consiglio cittadino in epoca comunale. Caratteristico il cortile romanico retrostante, detto del Mercato Vecchio, sede nel Quattrocento del mercato dei grani. Cinto da un alto porticato con finestre trifore e aperto su tre lati, il chiostro conserva una notevole scala gotica, detta della Ragione (1446-52), che dava accesso alla Corte d’Assise; nella cappella dei Notai si svolgevano infatti i processi.
- Svetta su tutto la torre dei Lamberti, alto fusto di mattoni eretto alla fine del XII secolo dalla famiglia Lamberti e completato verso la metà del Quattrocento con il bel coronamento ottagonale, fino a raggiungere gli ottantaquattro metri. La torre deve la sua notorietà alle sue due campane che anni or sono dettavano i ritmi della vita cittadina: la Marangona (posta più in alto) suonava le ore o gli allarmi d’incendio e il Rengo (più in basso) radunava il Consiglio comunale o richiamava i cittadini alle armi.
Sul lato occidentale di piazza delle Erbe si eleva una serie di case-torre, testimonianza dell’attiguo ghetto demolito nel 1924. Dietro a queste case c’è la Sinagoga, sulla cui bella facciata due lapidi ricordano i molti israeliti veronesi morti mori nei campi di sterminio nazisti; e una donna in particolare, Rita Rosani, caduta mentre combatteva per la libertà. In quest'area sorgeva in epoca romana la Basilica, ove si amministrava la giustizia.
Segue quindi la Domus Mercatorum, ovvero la Casa dei Mercanti. Sorta nel 1301 per volontà di Alberto I come luogo di contrattazione della lana e in sostituzione di un precedente edificio in legno; era sede dell’organismo che regolava dall’età comunale l’esercizio dei commerci e delle Arti. Subì numerose manomissioni, soprattutto nel 1600, e nel 1878 si è tentato di restituirle la primitiva dignità, con un restauro poco felice.
Di fianco, piazzetta Quattordici Novembre, con una statua in bronzo di Egidio Girelli che ricorda l’eccidio causato nel 1915 dal primo bombardamento austriaco; le bombe che piovvero dagli aeroplani fecero una strage: ventinove furono i morti e quarantotto i feriti.
Segue un filare di case rinascimentali costruite sulle fondamenta della Curia romana. In particolare Casa Cristani (nr. 23) conserva sulla facciata affreschi di Girolamo dai Libri (Madonna, santi e putti e Consegna delle chiavi a San Pietro), mentre la nr. 27 si fregia di un’Incoronazione di Maria di Liberale da Verona. Chiude l’angolo occidentale, a fronte della Torre del Gardello, Casa Curioni (1575), con un poggiolo decorato a trofei militari.