Formelle bronzee della Basilica di San Zeno
Durante la visita della
chiesa San Zeno a Verona oltre ad ammirare la struttura della chiesa, occorrerà soffermarsi su alcuni elementi in bronzo di rilevanza europea, come
le formelle bronzee che ancora oggi rivestono il portale d'ingresso della chiesa. Oggi gli storici dell'arte sono concordi nell'effermare che le
formelle siano state realizzate da tre maestri differenti ed esse sono distribuite in modo mescolato sui due battenti.
Storia travagliata ...
La porta sarebbe stata smontata e rimontata almeno due volte e questo spiega perchè le immagini a volte manchino di una logica interna. Con gli studi recenti si è capito che parte di esse risalgono ad un portale precedente dell'XI secolo, un portale che era stilisticamente in linea con i portali del Nord Europa, un’opera probabilmente eseguita da qualche atelier multiforme, composto da vari maestri fonditori. Queste formelle dette del primo maestro hanno delle forti rassomiglianze con ciò che si riscontra nella Germania dell’inizio e della metà dell’XI secolo. Alcune opere analoghe si trovano infatti ad Amburgo, ma anche in un monastero vicino a Vienna e in vari altri musei. Queste formelle più antiche furono probabilmente realizzate in occasione di una generale ristrutturazione dell’Abbazia che avvenne proprio a metà dell’XI secolo, da parte di un Abate di nome Alberico. La chiesa a quel tempo era molto più corta, la porta era più piccola ed ovviamente le formelle erano in numero inferiore. Più avanti nel tempo, quando fu rimonumentalizzata l’intera Basilica dal 1138 si decise di preservare questo patrimonio artistico precedente e di ricomporlo nella seconda porta.
La critica del passato
Fino a qualche tempo fa il portale di San Zeno era stato un problema critico complesso. L’ipotesi di una prima porta più piccola legata ad una fabbrica di XI secolo ai tempi di Alberico ha finalmente sciolto un grosso nodo interpretativo spiegando come mai la porta sia in dialogo con le storie dell’antico e del nuovo testamento scolpite ai lati. In genere in questi piani decorativi i monaci stavano sempre molto attenti che ci fosse una coerenza d’insieme, e il fatto che delle storie si ripetano lì vicino alle storie di San Zeno o a quelle di Cristo o della Genesi è segno che c’era stato un un riallestimento. Questa idea che vi fosse una porta precedente all'intervento di Nicolaus nel 1138 è un punto importante a cui si è arrivati solo recentemente.
Le ipotesi odierne
L'ipotesi odierna è che quando nel 1138 venne costruita la Basilica attuale ci si sia rivolti ad un secondo maestro, chiamato per ingrandire la porta ed adattarla alla nuova realtà di una fabbrica che era cambiata nel frattempo. Oltre alla fabbrica del 1138 legata a Nicolò si inserirà più tardi un secondo cantiere duecentesco quando il Brioloto aggiunge il grande rosone (Ruota della Fortuna). E nel giro di poco, sul volgere tra XII e XIII secolo, fu realizzata la grande cripta per accogliere il corpo di San Zeno.
Oggi si tende a ritenere che le formelle siano un lavoro di équipe legato a più maestri coordinati da un capo bottega. Le formelle dell'XI secolo son legate ad un primo maestro. Il secondo maestro è colui che realizza prevalentemente le immagini di destra con le storie dell’antico testamento (realizzando delle formelle coerenti tra di loro). E poi vi è anche un terzo maestro, per alcuni un componente della fabbrica del secondo maestro, ma che a un certo punto arriva a lavorare autonomamente.
Sensibilità mutate
Nell’Ottocento il secondo maestro era il più celebrato, del primo un critico era arrivato a dire che le sue formelle erano un opera “del mondo delle scimmie”, quindi un giudizio durissimo. Poi la sensibilità novecentesca cambia e si comincia ad apprezzare la forza comunicativa del primo maestro. E il secondo diventa un maestro un po’ più scontato. Anche se però ad una visione ravvicinata anche il secondo emerge come un maestro di alta qualità, estremamente interessante, però più difficile da capire. È un maestro di cultura ibrida: ha una cultura legata al nord, perché c’era una tradizione nordica tedesca legata a quel mondo, ma nello stesso tempo ha degli aspetti legati alla cultura locale, vale a dire alla tradizione scultorea locale. Sembra essere uno che vede le sculture di Nicolò e le cita richiamandole.
Descrizione
Va detto che mancano molte parti, la prima porta aveva molte più formelle di quelle sopravvissute. Le piccole formelle definite a più riprese come i Re, in realtà sono i vegliardi dell’Apocalisse che stavano perfettamente nella parte superiore a segnare un monito di una seconda venuta, e di cui ne restano meno di metà. Perciò è evidente che nel momento in cui fu messa in opera la prima porta e furono riutilizzati nel secondo rimontaggio, andarono persi dei pezzi. Sulla loro sparizione nulla è dato sapere, solitamente viene additato come colpevole il terremoto del 1117. Di sicuro abbiamo l’indizio di due formelle rubate da due visitatori, che entrarono nel mercato antiquario tedesco e poi finirono nel museo Bode di Berlino, dove a seguito degli eventi tragici della seconda guerra mondiale sparirono. Nel caos della presa di Berlino possono essere finite ovunque. Abbiamo delle foto prese prima del ’44. Si trattava di due vegliardi dell’Apocalisse, che dovevano essere disposti nella parte superiore. Alcuni frammenti mancanti delle formelle son dovuti a vandalismi o sottrazioni nel corso dei secoli: la preziosità della porta ha indotto in taluni momenti della storia ad asportarne delle parti per potarsele via come ricordo.
Ci sono alcuni indizi di pezzi finiti in collezioni nell’Ottocento. È del tutto evidente che agli occhi degli uomini anche di epoca moderna questo capolavoro colpiva. Ma non è un caso che avvenissero questi piccoli furti, in Europa di porte bronzee sopravvissute ce n’è una casistica esigua. Una porta bronzea se la poteva permettere solo una organizzazione, una abbazia, una chiesa, un’entità religiosa di particolare prestigio. Non qualsiasi luogo. Non tutte le cattedrali né tutti i monasteri potevano permettersi di pagare delle maestranze così abili. Coloro che erano in grado di fondere oggetti simili non erano ovunque nell’Europa medievale, ma si trovavano a Bisanzio. Oppure nel Nord dell’Europa, dove forse il portale di Bernoardo a Hildesheim del 1015 è comunque il richiamo più immediato per le formelle del primo maestro. Quindi Verona non è isolata da una rete di relazioni che esce dalla penisola italiana e la mette al centro dell’Europa grazie anche a quest’opera.Il portale ha un valore europeo, non è un valore solo all’interno della città di Verona, ma questo portale ha una risonanza europea.
Alcune formelle presentano resti evidenti di colorazione, in particolare la Crocefissione, non sappiamo a quando risalgano, e probabilmente rientrano in quel gusto coloristico che è caratteristico del Medioevo, infatti sapiamo che l’architettura e la scultura medievale era coloratissima. Nel caso del portale di San Zeno abbiamo l’evidenza di una serie di interventi di colorazione delle sculture, lo si vede ancora bene nella lunetta e nell’architrave.
Quindi possiamo pensare che la colorazione delle porte si colleghi a queste campagne di ricolorazione del portale e delle sue sculture. Interventi che poi avevano anche una valenza civica: i vessilli, le bandiere, gli scudi dei soldati ricevuti dalle mani San Zeno vengono adeguati con le insegne del Comune di Verona o delle insegne scaligere. Si cambiano le insegne, ma col l’occasione si cambia anche tutta la policromia del portale.
L’unica formella del secondo maestro (che fa tutte le scene dell’Antico Testamento) inserita nella sequenza del primo maestro (Nuovo testamento) è quella che rappresenta l’ingresso di Gesù a Gerusalemme (scena del Nuovo Testamento). Questo dipende dal fatto che alla fine del XII secolo è stato condotto un intervendto di ingrandimento strutturale della porta per adeguarla al nuovo rosone e al protiro. Non sappiamo se al suo posto ci fosse una formella precedente, ma di certo c’è un riallestimento complessivo. Da notare che l’intervento del secondo maestro con le storie dell’Antico Testamento è estremamente coerente, il che fa dedurre che vi sia stata una supervisione da parte di qualcuno nel monastero.
Si va dalla creazione di Adamo ed Eva e dal peccato originale fino alle vocazione della venuta di Cristo con i profeti e l’albero di Jesse. Ed è una sequenza non banale, con delle scelte di soggetto estremamente rare, per esempio Dio che annuncia ad Abramo la sua discendenza come le stelle del cielo (Cit. Genesi: "io ti colmerò di benedizioni e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare") è un soggetto non frequente e ce ne sono altri. Quindi si capisce che questo maestro interviene con una grande coerenza, che poi ad un certo punto scompare perchè nella parte più bassa si inseriscono le storie di San Zeno. Mentre la parte inferiore viene usata per riunire a mo’ di tamponamento le storie del primo maestro coincidenti con le storie del primo testamento.