Allestimento Carlo Scarpa a Castelvecchio
Il Museo di Castelvecchio si trova in quello che fu il Castello della Signoria di Verona, chiamati Della Scala o gli Scaligeri. Il Castello comprendeva al suo interno una piazza d’armi, oggi trasformata in giardino, cintata su tre lati da mura. Il terzo muro non è più visibile poiché i Francesi a inizio Ottocento aggiunsero la cosiddetta ala napoleonica. Oltre al muro di epoca comunale sorgeva la reggia. Il ponte era di pertinenza del Castello, e fungeva da via di fuga verso l’Impero germanico. L’edificio fu per secoli adibito a caserma. L’allestimento di Scarpa ha più di 50 anni ed è oggi vincolato.
Allestimento esterno
In origine prima del Castello sorgeva qui una chiesa e Carlo Scarpa decide di cintare il luogo con un recinto di metallo per indicare il punto preciso ove si trovava chiesetta di San Martino in Acquaro.
Negli anni ’20 del Novecento l’edificio era diventato un museo, il Direttore dei Musei civici era Antonio Avena (lo stesso che realizzò il balcone e la tomba di Giulietta). Fu sempre lui a trasformare il Castello seguendo la moda del tempo, compiendo un restauro in stile. Nel tentativo di riprodurre le atmosfere trecentesche fece collocare nel prospetto della caserma napoleonica degli elementi asportati da altri edifici, come ad esempio gli archetti gotici trilobati e le finestre rinascimentali. Questo materiale proviene da palazzi che a fine Ottocento furono distrutti durante la costruzione dei muraglioni. Il corpo napoleonico arrivava fino alle mura comunali. Durante il restauro Scarpa scoprì il muro comunale e per metterlo in evidenza decise di abbattere l’ultima parte della caserma napoleonica. In questo modo abbiamo oggi ben visibile il muro e la Porta del Morbio. In quel punto fece collocare l’emblema del museo e della città, la statua di Cangrande I della Scala.
Scarpa realizzò tutta una serie di disegni che sono conservati in una torre restaurata di recente. Appare chiaro che l’architetto avesse studiato qualsiasi dettaglio del castello, compreso il giardino. È lui a prevedere la doppia siepe, la galleria delle sculture, la zona delle uffici, le fontane, la chiesa recintata. Scarpa assieme a Licisco Magagnato, l’allora Direttore dei Musei, stabilisce anche che piante far collocare. L’idea era quella che il giardino dovesse essere bello tutto l’anno, con fioriture costanti (tulipani, rose ecc.).
Scarpa era veneziano, e la sua origine traspare dalle vasche d’acqua, posizionate qui in modo tale che si veda il riflesso del Castello all’interno di queste vasche. A seconda dell’ora del giorno e delle stagioni il riflesso cambia. La fontana proviene da Thiene, si trovava nella piazza principale. Inoltre, Scarpa utilizzò materiale locale, pietra di Prun, insieme al cemento armato; una vera innovazione per gli anni ’50. Usare il cemento all’interno di un edificio medievale suscitò diverse critiche fin da subito. Le sfere di vetro nella fontana non fanno parte dell’allestimento di Scarpa, facevano parte di una mostra dedicata a Giorgio Pigna.
La superficie dell’intonaco è trattata in modo diverso: il lato verso nord con le finestre gotiche mostra una superficie più scarna con una tonalità grigia, perché in questo intonaco è stato mescolato dell’inchiostro di china, mentre l’ala verso est ha una superficie più liscia ed era di un bianco quasi abbagliante, gli agenti atmosferici lo hanno inscurito.
Il Sacello da fuori
Fra gli elementi più in evidenza il cosiddetto sacello: si tratta di una costruzione cubica che sporge dall’edificio, ricoperto con delle pietre colorate (pietra di Prun bianca e rosa). Crea delle tessere a forma di L con superficie scabra, e all’interno inserisce delle pietre a superficie liscia. Questa decorazione ci ricorda i quadri di Mondrian, che Scarpa amava molto. La leggenda racconta che per stabilire dove inserire i quadrati abbiano lanciato i dadi.
Allestimento interno
Come abbiamo accennato, Antonio Avena aveva fatto un restauro in stile per far sembrare il Castello una residenza medievale. I lacerti di affreschi ritrovati erano stati riproposti sulle pareti, perciò dovremmo immaginare le pareti affrescate; il pavimento era stato trattato con una palladiana, e il soffitto era tutto a cassettoni. E poi era stato arredato con mobili in stile medievale.
Scarpa quando arrivò decise di togliere tutte le parti inserite da Avena. Il pavimento quando il Castello era una caserma era in terra battuta, Scarpa realizza un pavimento con grandi mattonelle in cemento. Non è a gettata unica perché il rischio sarebbe stato quello che si crepasse il pavimento, quindi creò delle mattonelle con dei cordoli in Pietra di Prun bianca. Il visitatore noterà camminando che sembra di essere sopra ad una piattaforma o una sorta di zattera. Il pavimento non va mai a toccare le pareti esterne, anche perché negli edifici di una volta non c’erano mai gli angoli perfetti a 90 gradi, e quindi l’idea di Scarpa fu quella di realizzare un reticolo con le linee parallele e perpendicolari.
Se si guarda al soffitto, Scarpa decise di abbassarlo di qualche centimetro per far sì che le sale superiori dove sono accolti i dipinti fossero maggiormente illuminate dalla luce del sole. Per sorreggere il soffitto realizzò una trave metallica che corre lungo tutta la galleria. L’ingegnere che lavorava assieme a Scarpa voleva inserire nel centro delle sale dei pilastri per sostenerla. Scarpa invece ebbe l’idea di creare delle travi di cemento armato che si incrociano al centro in modo da sostenere i piani superiori.
Scarpa si avvaleva per i suoi allestimenti di artigiani abilissimi, e ciascun dettaglio viene studiato nei particolari. Osservare per esempio i bulloni martellati. Osservare l’intonaco ruvido, all’interno del quale era stata inserita una sabbia abbastanza grossa.
Il Sacello da dentro
Internamente il pavimento è stato ricoperto in cotto fiorentino, e le pareti son state trattate a superficie liscia, omogenea, in calce rasata (che sembra quasi metallo). All’interno son stati inseriti degli oggetti ritrovati a Isola Rizza in una fossa, forse nascosti durante un’invasione barbarica. Per Scarpa era importante la luce; lui avrebbe voluto che il museo fosse illuminato solo da luce naturale. Era ovviamente impensabile perché di sera vien buio. Corre voce che la piantana l’abbia inserita nella sala la sera prima. La finestra a soffitto serve a permettere alla luce di filtrate dentro a 45 gradi.
Per sottolineare lo spessore dei muri inserisce in verticale delle lastre della Lessinia.
Ecco un esempio della sua genialità:
Nella sala con le statue trecentesche se ne vede una collocata di spalle. Ed è stata una scelta voluta da Scarpa per far sì che il visitatore veda la parte più interessante della scultura, vale a dire le trecce. Inoltre, l’architetto per suscitare interesse induce l’osservatore a girare attorno alla scultura. Le statue sembrano quasi sospese per aria, sopra a questi supporti vengono come alleggerite. Poggiano sopra a della calce rasata.
Ma per conoscere le altre innovazioni introdotte da Carlo Scarpa nell’allestimento del Museo, potete prenotare una visita guidata di Verona con un guida turistica.