Abbazia di San Bonifacio a Villanova

Gioiello del romanico veronese

Abbazia di San Bonifacio a Villanova

L'abbazia di Villanova è visitabile con i gruppi su prenotazione e dietro offerta libera. Il consiglio è quello di visitarla in combinazione con Soave se il tempo a disposizione lo permette. È una delle chiese più importanti nel panorama artistico veronese e del nord Italia. 


Interno

Internamente la Basilica si presenta a pianta basilicale, divisa in 3 navate con un sistema alternato di pilastri e colonne; si chiama alternanza sassone perché fu usato per la prima volta dagli Ottoniani nella chiesa di Hildesheim in Germania. Ma la peculiarità della chiesa consiste nell’avere un presbiterio molto elevato, che accentua moltissimo la divisione fra la zona dei fedeli e la zona un tempo riservata ai monaci benedettini. Il presbiterio è così tanto rialzato perché sotto c’è la cripta, detta ad oratorio in quanto occupa tutto lo spazio del presbiterio. 

Esterno

La facciata esprime un lessico tipicamente veronese. Il romanico di Verona ha questa splendida caratteristica coloristica che alterna strisce di tufo e cotto. È una facciata a 4 salienti con 2 contrafforti poligonali che servono per ricevere le spinte. Un tempo era dotata di un protiro pensile che serviva per inquadrare il portale. Si tratta del tipico linguaggio del romanico veronese. Certamente fu costruita dopo il terremoto del 1117, mentre nel 1149 fu aggiunto il campanile
Quest’ultimo colpisce per la sua enormità; largo 18 e alto 40 metri. In realtà un tempo era una torre di difesa, prima di essere un campanile. La cella è quattrocentesca e internamente conserva ancora la vecchia cella campanaria romanica. In origine il campanile era quindi più basso.

Ciclo di storie di San Bendetto 

Entrando, la parete di destra è occupata da un notevole ciclo di affreschi; si tratta del ciclo più completo delle storie di San Benedetto che esista in tutta la penisola italiana. Sono 18 riquadri affrescati che narrano le vite del Santo di Norcia. La fonte di ispirazione sono i dialoghi di Gregorio Magno del VI secolo: si parte dalla vocazione di San Benedetto che raccoglie i suoi effetti personali e parte, le immagini poi proseguono anche in controfacciata per finire con le esequie del Santo. Son state studiate di recente e si è notato che oltre che ricordare lo stile di Giotto e di Altichiero come si era sempre detto, in realtà l’autore sembra essere più un seguace di Martino da Verona, perciò un secolo dopo Giotto. Martino da Verona era un pittore di gusto cortese che punta molto più alla descrizione dei dettagli che ad una rappresentazione realistica delle scene. La pittura non è aggiornata, i personaggi si stagliano sul fondale architettonico in maniera empirica, manca la volontà di una resa veritiera dello spazio. Si nota però un gusto per la rappresentazione della quotidianità, come le vettovaglie dipinte sulla tavola in una delle scene.

Cripta

È l’ambiente più suggestivo; si tratta di una cripta ad oratorio che conserva due cose degne di rilievo. 
Una è l’Annunciazione, di scultore ignoto riporta ancora il cartellino descrittivo, in realtà oggi si sa che è di Antonio da Mestre: lo scultore la realizza quando è ormai maturo e mostra uno stile goticheggiante. La Vergine è sinuosa e le ali dell’angelo mostrano tutte le penne. Qui Antonio da Mestre si apre al linguaggio tardo gotico che prende piede in Veneto nei primi anni del Quattrocento. Il manto della Vergine che ricade e le pieghe scanalate son tipiche del suo stile. 
L’ altra cosa importante è il pluteo del IX secolo. Il cartellino riporta "epoca longobarda", in realtà è carolingio. La simbologia è cristologica: c’è un cantaros da cui spunta la Croce e i due pavoni che si abbeverano. Il maschio è quello con la coda lunga e pomposa, la femmina ha la coda brutta e corta. I due pavoni si abbeverano dalla fonte di Cristo, scaturita dal sacrificio di Cristo. I pavoni son simboli di immortalità. I motivi decorativi tutt'intorno riempiono la superficie con una sorta di horror vacui. Di per sé è il pezzo altomedievale più famoso in provincia assieme al ciborio di San Giorgio Ingannapoltron. 
Gli affreschi sulla parete son quasi illeggibili, molto consumati perché questa cripta fino al 1929 era stata usata come cantina. Son stati restaurati nel anni ’60. Si riconoscono San Pietro che visita Sant’Agata in carcere e Sant’Agata nel momento in cui le vengono tolti i seni. La lettura va da destra a sinistra e nella prima scena la Santa viene portata davanti al Console romano. 

Ancona di Antonio da Mestre nel presbiterio 

L’ancona che si trova dietro l’altare maggiore fu realizzata all’inizio del Quattrocento dalo scultore Antonio da Mestre, giudicato ingiustamente dalla critica come uno scultore "rozzo". Al centro si riconosce S. Pietro, a cui l’abbazia è dedicata, in atto benedicente, una figura potente che impugna nelle mani le chiavi. Da sinistra San Paolo (i cui simboli sono la spada e il libro), poi un Santo con in mano una mela, vale a dire San Nicola. Quello con in mano una croce fatta a X è Sant’Andrea. Sopra sono rappresentati Gesù che placa la tempesta sulle acque e la barca riportata a riva. I protagonisti sono S. Pietro e S. Andrea. Poi è stata scolpita una crocifissione, il Cristo Pantocrator, nei pinnacoli il tetramorfo (i 4 evangelisti) e vicino al San Pietro c’è San Benedetto sbarbato che sta presentando il committente, l’Abate Guglielmo, a San Pietro. 
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