Tarsie Santa Maria in Organo
I significati simbolici delle immagini intarsiate
La chiesa di Santa Maria in Organo a Verona conserva alcune delle tarsie più belle della Rinascenza italiana: esse sono il frutto di quel fra’ Giovanni da Verona, monaco olivetano, che compose qui delle immagini dalla complessa portata simbolica. Un repertorio che si è evoluto nel tempo arricchendosi del frutto dei suoi viaggi e delle sue esperienze nonché degli incontri fatti con gli uomini di cultura del tempo.
L'evoluzione storica dell'arte del legno
Nella seconda metà del Quattrocento la tarsia entrò a far parte dei lavori a servizio della chiesa e della Liturgia, diventando un'espressione della regola benedettina dell'ora et labora. L'interprete più significativo della scuola olivetana fu frà Giovanni definito da Giorgo Vasari come "gran maestro di commessi di prospettive di legno"; "persona veramente eccellente e rara"; "valente di disegno ed opera". La tessitura dei colori fu realizzata con tagli studiati dei legni disponibili, con la combinazione delle essenza lignee, con il rafforzamento della loro luminosità o il loro guidato stravolgimento attraverso i bagni negli olii bollenti, nello zolfo, nel verderame, con la macerazione delle assi per ottenere i fondali scuri.
I Santi
Si trovano nei cori nei posti riservati ai superiori. San Zeno, San Benedetto, Santa Scolastica e San Gregorio Magno sono seduti all’interno di una profonda nicchia. Questi stalli erano riservati alle massime autorità del monastero e dell’ordine e agli ospiti importanti.
Memento Mori
È il filo conduttore di quelle tarsie dove son rappresentati teschi, clessidre, candele spezzate o gocciolanti, lucerne, fiori caduti e corde spezzate di alcuni strumenti musicali: Gli orologi e le candele consumate alludono alla fugacità della vita, i fiori dentro al vaso di cristallo rimanderebbero alla fragilità della condizione mortale, mentre l’uccellino in gabbia alla costrizione della materia sull’anima.
Arredi liturgici
Il maestro veronese fra' Giovanni raggiunse massimi livelli di raffinatezza prospettica con il Reliquario della Santa Croce che si coglie collocato all'interno di un armadio nel quinto specchio della spalliera della sacrestia. Il richiamo è soprattutto al Mistero della passione di Cristo e alla Liturgia Eucaristica.
Vedute urbane ed architettoniche
Le raffigurazioni di città, con piazze, vie, palazzi, scorci di interni e chiese mostrano che anche fra’ Giovanni offrì il proprio contributo alle riflessioni sulla “città ideale”, assai vive nel Rinascimento a seguito della riscoperta dei classici, in particolare di Platone, di Aristotele e di Vitruvio. All'interno delle immagini in legno troviamo vedute urbane sia immaginarie sia reali, e tra i luoghi reali si riconosce Verona: il colle di San Pietro, la chiesa di San Zeno, l'Arena e la Torre dei Lamberti. La città dell'uomo entra a far parte della vita orante dei suoi confratelli monaci.
Gli animali
Gli animali sono doni di Dio, alcuni accompagnano i paesaggi, altri dominano l’intera scena, come il gallo e il gufo, a grandezza naturale. Sono di una bellezza unica, rappresentati nei minimi dettagli grazie all’uso sapiente dei legni, ed hanno una forte rilevanza simbolica:
- Coniglio o lepre: così come il coniglio, conoscendo la propria debolezza, si rifugia nelle rocce, l’anima, sapendosi fragile, si rifugia in Dio.
- Gufo o civetta: simbolo dei peccatori amanti delle tenebre, ma anche, con una lettura positiva, siccome la civetta vede nel buio è simbolo di vigilanza, di chi non teme le tenebre perché guidato dalla fede.
- Gallo: simbolo del sole, del giorno che comincia, simbolo di Cristo stesso che sveglia a vita nuova e annuncia il vero giorno. Divenne simbolo di vigilanza e emblema di Cristo risorto. Correlato anche al rinnegamento di Pietro è simbolo della predicazione.
- Scoiattolo: rappresenta la previdenza perché accumula le riserve.
Gli strumenti musicali
Fra' Giovanni rappresentò più volte nelle tarsie strumenti musicali o immagini correlate alla musica, ritenuta essere un tramite dell’uomo per mettersi in contatto col divino.
- Nella decima tarsia di destra del coro si riconosce una lira, accompagnata da archetto e due cembali. La lira ha sette corde e viene quindi ad indicare la Creazione, la struttura dell’universo e quella del corpo umano, la somma delle Virtù Teologali e Cardinali, la scala musicale, l'equilibrio tra dimensione fisica e spirituale.
- Nella nona tarsia di sinistra del corso, invece, una cetra priva di corde rimanda alla vanitas, la caducità della vita, l'esperienza del limite e del peccato.
- Nella quinta tarsia di sinistra del coro si riconosce un cardellino che cinguetta; il suo canto in gabbia è quello dell’anima che anela a Dio.
- Nell'ottava tarsia di destra dello stesso è invece riconoscibile uno svegliarino monastico, simbolo di temperanza.
Ma in tutto questo contesto, va sottolineato soprattutto che la musica è ciò che accade nel coro ogni volta che i monaci si riuniscono ed è il tramite privilegiato del rapporto con Dio. Lo si vede nelle antifone alla Vergine intarsiate sul leggio.
Sagrestia
Fra' Giovanni ed Andrea mantegna si conoscevano e si erano incontrati più volte a manova. Il loro rapporto emerge nelle evidenti analogie tra la sacrestia e la camera degli sposi sia nell'architettura a volta ribassata sia nella decorazione colminante nell'oculo al centro del soffitto. qui vi lavorò un altro grande talento, Francesco Morone, al quale si devono i ritratti dei benedettini illustri affrescati sulle pareti. Qui, però, sono stati rappresentati accanto a pontefici e cardinali benedettini anche i potenti della terra che hanno abbandonato tutto per scegliere la vita monastica benedettina, ed anche uomini e donne che, per essere davvero grandi, si fecero piccoli a imitazione di Gesù e trovarono nella compagnia di Dio la loro vera realizzazione.
Negli specchi intarsiati compaiono animali e paesaggi, vedute urbane e poliedri, strumenti di lavoro e arredi liturgici. Da ammirare anche la creazione architettonica, scandita da paraste e colonnine intarsiate, dove si affollano utensili e arnesi di ogni genere che compongono un ammirevole inno all’ora et labora. Sulla prima e sull’ultima delle colonnine fra’ Giovanni scolpì la memoria della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù in una serie di oggetti presentati con drammatico realismo mostrando come la vera opera sia quella della Redenzione e che in questa ogni opera trova senso e dignità.
I Poliedri
Fra le tarsie in sacrestia si possono ammirare stupefacenti figure geometrice, tutti di estrema bellezza e perfezione, che evocano lo studio della materia in atto ad inizio Cinquecento. L’uomo, con la sua ragione, vuole indagare e comprendere i misteri della vita e dell’universo. L'eggetto vero di questa ricerca per fra' Giovanni è chiaro: la pisside, contenenete le ostie consacrate, nella terza tarsia della sacrestia, e gli oggetti liturgici e la clessidra (misura del tempo ma anche simbolo di vanitas) nella nona indicano chiaramente che per il monaco intarsiatore il culmine della ragione è il mistero di un Dio che non è solo principio di ordine, razionalità, armonia, ma incarnato e presente nella celebrazione Eucaristica.
Portacero
Imponente opera in noce massiccio, alto 4 metri, interamente scolpito e con poche tarsie. Si caratterizza per la spinta verticale e per l’equilibrio compositivo. Esso è diviso in tre porzioni:
- Alla base si osserva una decorazione caratterizzata da volute vegetali, mascheroni, uccelli mostruosi, angeli e candelabre.
- La parte intermedia è più leggera: sul balaustro son stati ricamati rami, foglie, uccelli, pipistrelli dalle ali tese. Sugli spigoli scendono tre delfini dalla cui bocca fuoriescono tre festoni.
- La sezione superiore, invece, mostra nove chimere che sostengono uno zoccolo sopra al quale si aprono otto nicchie entro le quali sono scolpite figure di santi. Fra le chimere la tradizione ha identificato Dante, Petrarca e Boccaccio.
Leggio
Mirabile opera di tre metri d'altezza, che presenta alla base tre riquadri intarsiati con oggetti liturgici riposti in due armadi ed un meraviglioso coniglio selvatico accovacciato sullo sfondo di un arido paesaggio collinare. Una civetta e uno scoiattolo fanno capolino sui fianchi della parte superiore, mentre sulle due facce inclinate sono intarsiati due corali aperti: l'Alma Redemptoris Mater e il Regina Caeli, che celebravano la Vergine di fronte alla pala del Mantegna, continuando silenziosamente il canto anche quando, riposti i libri, i monaci lasciavano la chiesa.