La Tomba di Giulietta

Un'eroina di ogni tempo 

Tomba di Giulietta


In un sacello nel chiostro dei Cappuccini dell’ex chiesa di San Francesco al Corso (attuale Via del Pontiere) è stata collocata la tomba di Giulietta. Si accede a questo luogo ricco di suggestioni attraversando un breve peristilio e quindi un porticato che immette in un chiostro di stile neoclassico. Una breve scala scende nel sotterraneo dove è custodito il trecentesco sarcofago scoperchiato, in marmo rosso Verona, che la leggenda vuole ospitasse le spoglie della giovane eroina. 

Fra leggenda e realtà ...

Si tratta ormai di una tappa obbligata dell'itinerario romantico suggerito dalla tragedia di Shakespaeare, una meta di pellegrinaggio di numerosi turisti affascinati dalla celebre vicenda dei due amanti sfortunati. Se, grazie ai restauri, il luogo è assurto alla dignità meritata, per secoli questo brano leggendario ha conosciuto il disonore della trascuratezza. Così, per esempio, ne parla il romanziere inglese Dickens, che, dopo aver molto apprezzato i monumenti della città scaligera, rimase sensibilmente deluso dal sopralluogo alla tomba: “Entrai da un cancello sgangherato apertomi da una donna con gli occhi vivaci, che faceva il bucato, e guidato da lei percorsi alcuni viottoli lungo i quali crescevano piante e fiori freschissimi di bellissimo effetto. Ad un tratto mi si indicò una specie di abbeveratoio, che la donna con gli occhi vivaci, asciugandosi le braccia col fazzoletto, chiamò la tomba di Giulietta la sfortunata”. Un abbeveratoio, dunque, un rudere abbandonato tra le ortiche, buono forse per fare il bucato! A tanto era arrivata l‘incuria. 
In realtà, si tratta di un avello, che ahimè si presenta con molte rotture e sbrecciature nelle parti superiori, anche perchè molti visitatori (la moda dei souvenirs è evidentemente sempre esisita) ebbero il vezzo fin dai lontani tempi di portarsene via per ricordo dei pezzettini. La stessa Maria Luisa d'Austria, vedova di Napoleone, presente a Verona nel 1822, tolse dalla tombra alcuni piccoli frammenti di marmo che fece poi rilegare in oro, formandone preziosi gioielli. 
Non resistette alla tentazione lo stesso grande poeta inglese lord George Byron, e lo documentò in un suo scrito: "Il sarcofago di Giulietta, semplice, aperto, con foglie appassite intorno, nel vasto e desolato giardino di un convento, è triste come fu triste il suo amore. Ho portato via alcuni pezzetti di granito per darli a mia figlia e alle mie nipoti".
In effetti trascorsero molti anni prima che l’avello godesse di una sistemazione decorosa, soprattutto se si considera lo stato di abbandono nel quale era decaduto allorché nel 1842 le suore Franceschine lasciarono chiesa e convento. Si dovette attendere l’arrivo della Congregazione di Carità, perché il sarcofago venisse almeno posto al riparo di un porticato tra i ruderi del chiostro disastrato. 
Solo nel 1898 il Consiglio comunale decretò che il marmo trovasse una collocazione più consona, ma trascorsero altri decenni prima che le buone intenzioni si realizzassero: nel 1910, in occasione della posa dell’erma di Shakespeare, si effettuò un primo intervento migliorativo, e solo nel 1937 le intenzioni trovarono la logica conclusione. L’ultimo insulto alla memoria di Giulietta fu portato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, ai quali seguì l’attuale sistemazione. 
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