Palazzo del Broletto
Il Broletto e la Torre del Pegol
La parola pegol o pegolot deriverebbe dal dialetto e significherebbe mercante, poiché nella piazza sottostante – che era la platea concionis – si teneva anche il mercato. La torre è realizzata in medolo per tutta la parte della canna fino alla cella campanaria, i merli invece sono in botticino. Questi furono aggiunti durante i restauri ottocenteschi e rispondono al gusto stilistico tipico di fine otto inizio novecento quando si pensava che un merlo a coda di rondine potesse dare l’idea di medioevo.
La parola broletto deriva da brolo (orto recintato) presso cui i primi consiglieri del comune si radunavano per prendere le decisioni. A un certo punto fu necessario sostituire il primitivo palazzo in legno con un edificio in muratura. La parte più antica del palazzo è la Torre del Pegol, la seconda costruzione è il palazzo nuovo maggiore, nel quale si radunava il consiglio in pompa magna (al completo contava 200 consiglieri). Quindi il piano superiore non si presentava come oggi frammentato in stanzette voltate e affrescate, ma era un’unica sala alta anche 9 metri (attuale sede dell’anagrafe).
La facciata è quasi tutta completamente di restauro tranne la bifora nella parte superiore. La trifora e la quadrifora sono sì restaurate ma ricollocate nel luogo originario. Completamente restaurata è la loggia delle grida, inaugurata nel 1903 con una serie di polemiche infinite poiché è totalmente arbitraria, trattandosi infatti di un restauro in stile. Addirittura i telamoni probabilmente non erano collocati lì in origine. Sono stati presi dal museo e li hanno riutilizzati perché potevano essere adatti. La loggia delle grida era stata distrutta in quanto simbolo dell’autonomia comunale. Con l’arrivo di Napoleone prima e degli Austriaci poi ogni volta la loggia venne danneggiata, fino a che fu completamente eliminata.
Una curiosità: durante il Medioevo e il Rinascimento tra la torre del Pegol e la torre del Duomo Vecchio venivano tirati dei fili sopra ai quali passavano i giocolieri durante le feste cittadine.
Leggenda nella Torre dei Poncarali:
Era la torre di una famiglia nobiliare nella via che conduce da piazza del Duomo verso la Biblioteca. La torre fu parzialmente rimessa in luce con i restauri del 1985 di Paolo Marconi, professore dell’Università di Roma, che ha ripristinato questa parte del broletto dove oggi si trova l’emeroteca.
Accanto alla torre c’è uno dei tre ingressi attuali al broletto e ai fianchi del portale sono collocate 2 statue legate a una leggenda che non ha valore storico ma che raccontiamo ugualmente.
Si pensa che prima della costruzione del broletto in questa zona vi fossero case e orti di privati e in particolare l’abitazione di un uomo povero. Un uomo ricco, con l’inganno, era riuscito a farsi vendere il terreno per pochi soldi. La faccenda viene scoperta e nel portone infatti si vede la raffigurazione del povero e del ricco, vale a dire una testa coronata mozzata. La leggende vuole che gli sarebbe stata tagliata la testa per punizione del suo imbroglio. La leggenda, che non ha nessun fondamento storico, è però densa di un implicito valore morale.
Cortile del broletto
Esso denuncia l’enorme quantità di trasformazioni che l’edificio ha subìto nel corso del tempo. Diverse costruzioni sono state tamponate nei secoli. L’ala del palazzo maggiore presenta due quadrifore, di cui quella sinistra è la cosiddetta quadrifora dei mesi che mostra sopra le colonnine tortili in marmo rosso di Verona due capitelli (uno originale e l’altro di restauro) di scuola antelamica (a cavallo fra il XII e il XIII secolo). È infatti testimoniata qui a Brescia la presenza di una famiglia di magistri antelami che dal comasco scendendo verso Parma si fermarono qui in sosta e probabilmente qui hanno realizzato questi capitelli rappresentanti il ciclo dei mesi. In età medievale il tempo veniva misurato in relazione ai lavori agricoli, quindi sui capitelli si trovano scene che rappresentano per esempio la tosatura della pecora, la raccolta delle rape, la semina, la raccolta dei fiori, l’uccisione del maiale ecc. e a ciascuno dei dodici lavori agricoli è associato il segno zodiacale, che è rappresentato simbolicamente, ma è anche scritto in latino.