Chiesa San Faustino e Giovita
Nei pressi dell'antica Porta Pile, in uno slargo della tortuosa via San Faustino, sorge la chiesa dedicata ai santi protettori della città. A Brescia è grande festa il 15 febbraio, il giorno di San Faustino, patrono di quelli in cerca dell'anima gemella.
Prospetto Esterno
ll campanile, pur rimaneggiato, conserva fino alla prima cella campanaria la forma e la struttura originarie. Con tutta probabilità è stato ricavato da un torrione difensivo e di ciò fanno fede gli archi di mattoni a tutto sesto, ora chiusi a est e ad ovest. Il torrione apparteneva forse alle mura esistenti nel 1111, forse la prima cerchia di mura oltre quelle romane, collocato tra la porta Pedriola e la porta del Ponticello. I due archi a tutto sesto dei lati est-ovest, mostrerebbero come al di sotto della "torre" dovesse correre una strada. L'arco ad ovest servì da apertura verso la navata, quando è stata ricavata la cappella di testa della medesima, sopra la cripta. In seguito il campanile fu alzato, creando una nuova cella campanaria, mentre venivano chiuse le bifore e le trifore della vecchia cella, occultando colonnette e capitelli altomedievali. E' nel 1937 che sono state riaperte le bifore e la trifora sud della cella originaria e venne rifatta quella superiore, cercando di armonizzarla con la parte romanica.
Il gallo di Ramperto che funzionava da segnavento è ora esposto al Museo di S. Giulia. L'iscrizione commemorativa di Ramperto, incisa sulle lamine che componevano la coda del gallo, è conosciuta per intero grazie alla trascrizione riportata in un codice del XVI sec. (Ramperto, vescovo di Brescia, dispose che questo gallo fosse fatto nell'anno del Signore nostro Gesù Cristo 820, indizione nona, quattordicesimo della traslazione dei Santi (martiri), sesto del suo episcopato. Io M..oaldo fece). La firma dell'autore è stata recentemente riconosciuta. Il gallo fu oggetto di alcune archibugiate da parte delle milizie del castello e nel 1893 la Fabbriceria della parrocchia decise di cederlo, pur conservandone la proprietà, al Museo Cristiano.
Facciata fine XVII-inizio XVIII sec
Richiama il Barocco nelle linee spezzate e nelle volute di raccordo. Iniziata nel 1698, è ritenuta il capolavoro di Bernardo Fedrighini (1646-1733; fu compiuta dal 1702 al 1711 per intervento della Comunità civica con il generoso contributo del nob. Orazio Fenaroli, il cui nome risulta sul frontone esterno.
La facciata consta di due ordini architettonici: dorico in basso, terminante con frontone triangolare che racchiude lo scudo di uno stemma; ionico nella parte superiore, completato dal frontone ricurvo ornato di obelischi, da vasi fiammeggianti, da vasi a foglie d'acanto e dalla croce terminale con le palme e la corona del martirio.
Portale: elegante, a timpano spezzato, sormontato da un altorilievo, opera di Santo Calegari il Vecchio (1662-1717). Rappresenta il martirio dei patroni. E' decorato con angeli portapalme e angelo con duplice corona (simbolo di santità e verginità), con ai lati (in nicchie) le statue degli stessi Santi e nell'ordine superiore, sempre in nicchie. Le statue di S. Onorio e di S. Antigio vescovi, i cui corpi sono custoditi in basilica, vengono attribuite allo stesso Calegari.
Interno XV e XVI secolo.
Colpisce subito la ricchezza degli altari e dei materiali utilizzati. I confessionali in legno intagliato sono di gusto rinascimentale.
Navata centrale
si presenta ampia ed elegante nella sua struttura dorica; delimitata da 14 colonne monolitiche di ordine tuscanico, di cui 8 binate.
Tutta la parte muraria è ornata a fresco.
Tutto l'impianto basilicale, sia architettonico che ornamentale, converge verso il centro dell'ampia e alta volta a botte. Le stupefacenti prospettive di Tommaso Sandrini si aprono al centro per far posto alla "Gloria dei Santi Patroni, accolti, fra un coro di angeli, in vesti bianche dalla SS. Trinità (opera di Antonio Gandino 1565-1630 coadiuvato dal figlio Bernardino 1587-1651). In monocromo sono la condanna e il martirio dei Santi nei medaglioni posti agli estremi della Gloria, come anche la Fede, la Speranza e la Carità e gli angeli oranti.
Navata destra
Presenta una volta a botte ritmata da 3 campate, separate da 2 partimenti in corrispondenza delle colonne binate.
Quadrature del Sandrini, al centro opere del Rama o del Gandino (angeli in gloria, il martirio del cavalletto e angeli musicanti); partimenti con al centro medaglioni decorativi con angeli oranti ai lati).
Altare della natività: urna contenente le reliquie del corpo di S. Antigio vescovo di Langres (Digione) (opere di Santo Calegari); Pala: "Adorazione del bambino" (Lattanzio Gambara 1530-1574), elogiata dal Vasari nel 1568. Ornato 600esco.
Grande Crocifisso: sul lato destro dell'arco sacro, opera della fine 400; probabilmente si trattava di un crocifisso pensile della precedente basilica.
Presbiterio e il coro
L'altare maggiore, l'imponente arca dove riposano le reliquie dei corpi dei Santi e le statue allegoriche sono di Giovanni Antonio Carra (1623). Raffigurano S. Agata, S. Agnese, S. Caterina d'Alessandria e S. Giustina di Padova (il monastero fu aggregato a quello di S. Giustina di Padova nel 1490)
Cantorie (1735): in legno intagliato e dorato con dipinti su tela incassati negli scomparti. Ai lati dipinti del 600. (iconografia benedettina). I 4 vescovi raffigurati sono rappresentati con il pastorale, segno del potere locale.
Volta: affresco attribuiti a Gianbattista Tiepolo (1696-1770), raffigurante la "Gloria dei Santi Faustino e Giovita e di S. Benedetto e S. Scolastica". Nei pennacchi dottori della chiesa (S. Gregorio Magno, S. Agostino, S. Ambrogio), nei riquadri allegorie della "Fede e Speranza", a sinistra la "Carità". Parete di destra il "Martirio dei santi", a sinistra "L'apparizione sugli spalti del Roverotto" (prob. 1751, una delle ultime opere a fresco). Figure di Giandomenico Tiepolo (1727-1804) figlio di Giambattista Tiepolo, architetture di Girolamo Mingozzi Colonna. Datati 1754-1755, rimpiazzano quelli di Lattanzio Gambara, perduti per un incendio. Sullo stendardo che sventola dietro i santi, sopra la cantoria sinistra, c'è una scritta che può essere tradotta con "Brescia la forte ha dato a tutte le altre città un esempio di fede". La volta del coro fu decorata dal Colonna.
Cappella della Redenzione: conserva un grande crocefisso e affreschi raffiguranti un "Cristo flagellato, il "Cristo coronato di spine", la "Deposizione dalla Croce", la "Sepoltura di Cristo" e al centro un "Cristo risorto". Nella parte inferiore si riconoscono la "Strage degli innocenti" e "S. Dorotea". Tutte opere di Pietro Ricchi detto il Lucchese ('600). Ai piedi del Crocefisso, si trovano le reliquie di S. Onorio, vescovo di Brescia dal 592 al 598, qui riposte dopo la rimozione dell'altare nel 1645. Ai lati dell'altare sono posti dei fori nei quali i fedeli che soffrono di emicranie possono inserire la testa sperando di trarne beneficio. La chiesa è quindi nota anche per il "buco del mal di testa". Sul lato destro, protetto da inferriata, il prezioso reliquiario con le reliquie dei Santi Patroni (L. Gavazzi di Milano 1925).
Nel 1800 su fondo di finto mosaico, sono stati aggiunti S. Antonio di Padova e S. Rocco, di ignoto autore.
Navata sinistra
Nei medaglioni centrali delle campate "Gloria di S. Benedetto", "Assunzione di Maria" (Rama o Gandino), "Ascensione di Cristo" (Ottavio Viviani forse). Gli angeli oranti recano ciascuno un versetto dell'inno dell'ufficiatura di S. Benedetto.
Altare di San Benedetto e statua di S. Benedetto (Giovanni Carra 1646); veduta di Montecassino (Sante Cattaneo 1739-1819). Fu probabilmente nell'VIII sec. che venne donato dal vescovo Apollinare un braccio di San Faustino all'abate di Montecassino (Petronace 720-751), il quale gli diede un cambio un braccio di San Benedetto, conservato poi nella cattedrale e scomparso inspiegabilmente nel 1870 (la donazione sarebbe avvenuta attraverso il monastero di Leno). Questo altare fu luogo di particolare devozione per Paolo VI che lo visitò anche da cardinale. In occasione del suo giubileo sacerdotale, lo indicava ai bresciani presenti a Roma come luogo privilegiato per la devozione al Santo da lui stesso proclamato Patrono d'Europa l'11 luglio del 1964.
Intercolumnio: stendardo processionale del Romanino. E' lo stendardo processionale della Scuola del SS. Sacramento. Si trovava un tempo alle pareti della cappella del Santissimo. Per il verso era stata realizzata una copia in modo da poterlo vedere interamente. Recto: "La resurrezione di Cristo", verso "I Santi Apollonio, Faustino e Giovita".
Reliquario della croce
Oltre a quello Ottocentesco del primo altare di destra, ve n'è uno ben più antico e prezioso, proveniente dal monastero di S. Giulia e attribuito da alcuni anni a Bernardino delle Croci (intorno al 1500) in considerazione dell'affinità col reliquiario delle Sacre Spine conservato nel Tesoro delle Sante Croci in cattedrale. Questa pregevole opera in cesello viene solo raramente esposta al pubblico: in quaresima è sull'altare nelle funzioni della Via Crucis.