Palazzo della Loggia
Simbolo della città, meraviglia della Rinascenza lombarda, manifestazione del potere veneziano, il Palazzo della Loggia spicca in tutta la sua eleganza sulla piazza più bella di Brescia. Oggi sede municipale, la Loggia è una tappa obbligata del giro del centro storico di Brescia con la guida. Qui di seguito offriamo alcuni spunti di interesse per saperne di più su questo nobile emblema cittadino.
Descrizione
La posa della prima pietra risale 1492 ed è interessante analizzarne il sistema architettonico, che cita il mondo romano: i Romani quando utilizzavano un sistema ad archi, questi non appoggiavano mai sulle colonne ma sempre su pilastri. E infatti anche per la Loggia l’arco appoggia su un pilastro e non sulla colonna. Perciò viene utilizzato un sistema alla romana: archi poggianti su pilastro e la colonna che invece regge una trabeazione. A questo motivo si associa anche un’altra idea, tra l'altro tipica dell’architettura di Bramante, vale a dire le colonne che inquadrano gli archi; davanti ai pilastri abbiamo il sistema delle colonne che reggono la trabeazione, composta da architrave, fregio e cornice.
Nei pennacchi son stati collocati i busti dei Cesari i cui volti hanno una fisionomia molto marcata. Essi non evocano l’eroismo tipico della statuaria romana, ma presentano tutta una serie di caratterizzazioni fisiognomiche, di deformazioni, di righe e segni che si avvicinano molto agli studi che Leonardo portava avanti negli stessi anni a Milano sulla fisiognomica. Nei busti traspare quel tipico modo di rappresentare il volto umano secondo il quale l’anima (vale a dire le caratteristiche interiori dell’uomo) si rifletteva attraverso i tratti somatici.
Il cantiere del Palazzo della Loggia procedette per un lungo periodo; non è certo il nome dell’ideatore, ma sappiamo che per costruirla arrivò un modello dell’architetto vicentino Tommaso Formenton, poi però nel corso del Cinquecento vengono chiamati a Brescia diversi architetti di grande fama tra cui il perugino Galeazzo Alessi, ma soprattutto Andrea Palladio che giunge a Brescia per ben tre volte per fornire consigli in merito alla costruzione della Loggia. C'era infatti un grave problema da risolvere: il palazzo si appoggia sul vuoto. Proprio sotto il portico un tempo passava un fiume (la tortuosa via San Faustino ricalca il corso del fiume). Per avere una piazza ampia che rispettasse le proporzioni 2:1 fu necessario coprire il letto del fiume e costruire parte della loggia sull’antico alveo del fiume. Naturalmente un edificio di tale elevazione poggiante sul vuoto non poteva che avere gravi problemi strutturali. Addirittura pare che Palladio avesse proposto un terzo ordine per il palazzo che doveva quindi essere a tre piani, impossibile da reggere. L’edificio è isolato sui quattro lati, e la parte retrostante presenta un terzo piano sotto, quello dei magazzini, realizzato sfruttando il dislivello esistente. Una caratteristica della Loggia è che il sistema decorativo e formale della facciata risvolta sui quattro lati.
I capitelli della loggia sono di fattura raffinatissima. Furono realizzati da maestri milanesi, tra cui Gaspare da Coirano. I capitelli sono corinzi e bipartiti, hanno il giro di foglie di acanto e i caulicoli che fuoriescono. Però non è un corinzio canonico dove le foglie sono disposte nel calice a due o tre giri. Qui abbiamo la sostituzione di un collarino molto alto, e quindi il capitello diventa bipartito. Altro aspetto interessante è il fatto che il capitello sia molto spanciato, concavo, con un grande aggetto dalla parte delle volute.
Lo scalone della loggia è rimasto incompiuto. Non si accedeva alla loggia dalla scala attuale (realizzata dal Tagliaferri all’inizio del Novecento), ma dall’edificio laterale che serviva solo da scalone e attraverso il quale si accedeva al pontile che immetteva nel salone vanvitelliano del Settecento.
La loggia subisce un’interruzione del cantiere all’arrivo dei Francesi nel 1517. Per il secondo ordine dopo lunghi consulti si arriva al risultato attuale; candelabre che continuano la linea delle colonne sottostanti. A tal proposito, vi è da notare che le colonne del primo ordine non sono libere, ma inalveolate, un terzo della superficie è inglobato nel muro. Sono più di una semicolonna e meno di una colonna intera, sono appoggiate nel muro, ma inglobate. Le lesene del secondo ordine reggono una trabeazione che ha una caratteristica particolarissima: un fregio sproporzionato rispetto ai canoni classici dell’architettura. Il fregio dell’ordine inferiore è ben proporzionato, mentre il fregio dell’ordine superiore è molto dilatato, negando il sistema proporzionale classico. Ciò si spiega col fatto che il gusto era cambiato rispetto all’inizio dei lavori. Negli anni ’30 e ’50 del Cinquecento venne chiamato un artista fiorentino abitante a Venezia, Jacopo Sansovino, capomastro della Repubblica di Venezia, autore della libreria marciana, il cui fregio è identico a questo di Brescia. Si vedono dei putti che corrono e giocano e sono collegati l’uno all’altro da un sistema di festoni. Nella parte alta vi sono i doccioni, con un sistema di statue, e infine la volta a carena di nave rovesciata che non è quella originale ma ricostruita nel 1914.
Incendio della Loggia
Nel 1575 la Loggia viene distrutta da un incendio, forse dipese dal fatto che essa era la sede anche del collegio dei notai. Venezia mandava in ogni città due rappresentanti del governo: il podestà e il capitano. Il primo era il rappresentante politico del Governo (oggi sarebbe il prefetto), aveva il compito di rappresentare il governo sul luogo. Il capitano sarebbe oggi il questore, si occupava della gestione militare della città. Ciascuno dei due era un patrizio veneziano che risiedeva nelle città della dominante per tre anni e tornava in patria allo scadere del mandato avendo acquisito potere a fama incredibili. Ciascuno dei due tornando a Venezia doveva redigere una relazione che veniva letta in Senato e che è utilissima perché ci fotografa lo stato della città ogni tre anni. Nella Loggia risiedeva il Collegio dei Notai, quindi erano custodite carte importanti e qualcuno evidentemente ebbe interesse ad appiccare un incendio. La copertura in piombo si sciolse, dai doccioni e dalle crepe che si erano determinate nella volta a crociera del portico colava il piombo. L’evento fu letto come presagio di disgrazie, guerre, epidemie. In occasione dell’incendio andarono a fuoco i tre teleri che il Comune aveva commissionato a Tiziano e che ornavano il soffitto del piano superiore.