Piazzetta Tito Speri
Brescia fu certamente una valorosa città che si distinse per coraggio durante il periodo risorgimentale, in particolar modo durante una insurrezione popolare passata alla storia col nome di “Dieci Giornate”. Da allora Brescia per tutti è la “Leonessa d’Italia”.
Nell’Ottocento la municipalità volle ricordare, con un monumento e un’adeguata sistemazione dello slargo, gli eventi sanguinosi delle Dieci Giornate di cui esso era stato teatro nel 1849. Il Tagliaferri pensò di sfruttare il naturale declivio delle pensili del Castello, con due piccole rampe di scale poste attorno alla ricostruzione di una barricata, ove al centro fu posta la statua di Tito Speri. Il monumento fu scolpito nel 1888 da Domenico Ghidoni che realizzo una figura di stretta matrice verista, posto sopra ad un solido parallelepipedo con il nome dell’eroe risorgimentale. Lo Speri, con gesto deciso, addita al popolo bresciano la necessità di salire alla fortezza in cui erano asserragliati gli austriaci, attraverso la salita di Ognissanti, ora delle Barricate.
Allo stesso Tagliaferri si deve la fontana addossata alla parete orientale della piazza. Essa fu costruita nel 1885 reimpiegando materiali lapidei del distrutto monastero dei santi Cosma e Damiano che fino alla fine del XIII secolo sorgeva nell’area del cortile settentrionale del Broletto. L’architetto inventò una fontana medievale che non ha nulla di originale ma che dovrebbe ispirarsi allo stile del Medioevo. Sopra la vasca della fontana venne murata l’arca funeraria del Vescovo paleocristiano San Tiziano: opera del XII secolo coperta da una tettoia marmorea sostenuta da due colonnine con capitello pseudocorinzio del XV secolo. Nello spazio libero sotto la tettoia fece dipingere a fresco uno stemma sormontato da un cimiero piumato, oggi quasi illeggibile.
Spendiamo brevemente due parole sul nostro eroe, che nel 1852 fu arrestato e torturato per avere costituito a Brescia un comitato insurrezionale. Le prove richieste per la condanna a morte furono fornite da un vigliacco, che volle così salvarsi la vita. Il 3 marzo 1853, Tito Speri, salì coraggiosamente sul patibolo, eretto sugli spalti di Belfiore a Mantova, insieme al reverendo Bartolomeo Grazioli ed a Carlo Montanari. A 27 anni era andato incontro alla morte col volto sorridente e di fronte a questo suo sublime sacrificio, spicca ancor più odioso il gesto gretto e meschino delle autorità austriache, che non solo gli negarono la sepoltura in terra consacrata, ma che alla madre affranta inviarono persino la nota dettagliata delle spese sostenute per l’impiccagione del figlio.