Chiesa di San Salvatore
La chiesa longobarda di San Salvatore si trova dentro nel complesso museale di Santa Giulia. Essa costituisce un raro esempio sulla penisola di edificio dell’VIII secolo sopravvissuto fino ai giorni nostri. Non a caso infatti già dal 2011 Brescia è Patrimonio UNESCO in qualità di città longobarda. Qui sotto trattiamo in modo dettagliato la struttura della chiesa, la tipologia di colonne che la sostengono, la tomba ad arcosolio, la cripta e il pavone scolpito su un ambone.
Il monastero di S. Salvatore, oggi Santa Giulia, è di fondazione regia, vale a dire che godeva di privilegi eccezionali. La chiesa di S. Salvatore così come la vediamo adesso è il frutto di una serie di trasformazioni: il campanile è medievale, le cappelle del lato nord sono quattrocentesche, gli affreschi rinascimentali.
La chiesa di san Salvatore conservatasi fino ad oggi risale all’età di Desiderio, è del 753 d. C. La sua caratteristica è quella di essere un edificio di impostazione tipicamente ravennate, con tre navate e tetto a spiovente. Anche se il tetto odierno è il frutto dei restauri novecenteschi perché nel corso del Seicento la chiesa era stata voltata a botte (si vede ancora in controfacciata l’impronta della volta), in seguito la volta è stata distrutta per ripristinare il sistema di copertura originario.
Naturalmente questi continui lavori di fai e disfa hanno completamente rovinato il sistema decorativo del claristorio, dove comunque è testimoniata dai lacerti la presenza di affreschi talmente ricchi e raffinati che i Santi principali avevano addirittura le teste realizzate in stucco con un effetto tridimensionale. È per questo che si vedono dei grossi incavi tondi, perché le teste erano la prima cosa che si staccava col tempo. Le decorazioni ad affresco rappresentavano probabilmente la vita di S. Giulia.
La caratteristica principale della chiesa è che le colonne sono tutte diverse fra loro, però se le si osserva bene si nota che per forma, per materiale e per colore si corrispondono frontalmente, quindi la colonna di destra è uguale alla corrispettiva di sinistra in una sorta di percorso che dall’entrata portava verso il presbiterio. Altra caratteristica molto singolare è che queste colonne sono tutte di spoglio, provengono da edifici antichi. Le prime due di sinistra di fronte al campanile hanno due capitelli a paniere decorati con elementi vegetali e sono caratteristici dell’architettura ravennate. Questo significa che il re Desiderio aveva mandato i suoi architetti a prendere le colonne a Ravenna, la città dove a quel tempo la cultura artistica era al massimo livello.
Su un lato della chiesa esisteva una tomba ad arcosolio attribuita alla regina Ansa. Lo si è dedotto per il fatto che dai fianchi della tomba sono stati strappati due affreschi, conservati ancora oggi in museo nella sezione della storia del monastero e che rappresentano un portatore di pane e un portatore di vino. Sappiamo che era tradizione, nel giorno dell’anniversario della morte della regina Ansa, organizzare in Santa Giulia una processione durante la quale si offriva pane e vino ai poveri.
Altra caratteristica interessante della chiesa è la cripta: essa è stata composta in due momenti successivi. Quella longobarda più antica è quella sulla sinistra quando si scende, non accessibile perché ci sono le transenne, mentre la seconda risale al basso medioevo con capitelli di scuola antelamica. La cripta longobarda di S. Salvatore mischia due tipologie, quella a corridoio anulare (ripresa dalla cripta di Gregorio Magno a Roma) e quella a corridoio occidentale.
Anche la cripta di S. Salvatore aveva due corridoi che scendevano, ma una volta scesi si faceva un percorso lungo una sorta di corridoio. Poiché la chiesa è orientata in direzione est ovest, il corridoio si trova a ovest e quindi prende il nome di cripta a corridoio occidentale. È una cripta molto complessa: ci sono due aperture che sembrano finestre, ma in realtà sono porte finestre, cioè dalla chiesa superiore si scendeva fino a quel livello e da lì c’erano delle scalette che oggi non esistono più e che permettevano di passare in questa sorta di corridoio composto solo da colonne.
La caratteristica strana di questa cripta longobarda è quella di mettere insieme oltre alle due diverse tipologie anche due diversi sistemi strutturali. Ci sono cioè due pilastrini laterali in pietra che reggono un’architrave e poi 4 pilastroni (oggi moderni in mattoni) che sostituiscono 4 pilastri preesistenti che reggono delle arcate in senso opposto. È una soluzione impacciata di difficile interpretazione. Quella che abbiamo oggi è una cripta ad oratorio, cioè le monache scendevano, si disponevano in ordine sparso ed oravano.
Sempre all’interno della chiesa si trova l’immagine di un pavone che decorava il parapetto di salita a un ambone, quindi a un pulpito, datato all’VIII secolo e caratterizzato dal fatto che questo pavone incede in un campo completamente occupato da tralci di vite e grappoli d’uva. Il pavone è caratterizzato dal fatto che ha le penne della coda e le piume realizzate con una enorme raffinatezza.
Nell’età paleocristiana e medievale il pavone diventa un simbolo cristiano perché la sua carne è dura quindi si conserva molto a lungo, si pensava che la carne del pavone fosse imputrescibile. Nella cultura cristiana il pavone è perciò il simbolo dell’immortalità dell’anima e della vita ultraterrena. Oltretutto gli occhietti sulla coda erano interpretati come delle presenze angeliche, a suggerire l’idea che l’uomo fosse comunque sempre sorvegliato e protetto dagli angeli. A un certo punto però nel Medioevo accanto a questa visione positiva del pavone se ne affianca una seconda, che si sviluppa a partire da un gruppo di opere letterarie molto particolari e belle, dette i Bestiari, cioè dei racconti che paragonavano il comportamento virtuoso o meno di ogni animale a quello dell’uomo. Chi si comporta come il lupo andrebbe a finire all’inferno, chi è come l’agnello no, chi è guardingo come il gallo si comporta bene altrimenti no. Il pavone assume una simbologia piuttosto negativa: poiché il pavone ha delle gambe bruttissime, l’animale, per disperazione e vergogna camminerebbe sempre a testa alta per evitare di guardasi le gambe. L’insegnamento morale che se ne ricaverebbe sarebbe quello di assumere un atteggiamento diverso dal vanitoso pavone che apre la coda per mostrare le sue caratteristiche migliori poiché così facendo si lascia scoperta una parte un po’ poco poetica. Perciò diventa un esempio da non seguire.