Visita a San Benedetto Po

Numerose sono le testimonianze del glorioso passato di questa Montecassino del Nord

Monastero San Benedetto Po

Il complesso monastico di San Benedetto Po fu molto importante nella storia, non a caso veniva chiamato la Montecassino del Nord. È conosciuto anche come San Benedetto in Polirone, dai nomi di due fiumi che scorrevano intorno all’attuale cittadina, il Po e il Lirone, un tempo un braccio del Po. 

Nel 2007 il complesso ha compiuto ben 1000 anni, infatti il primo monastero fu fondato nel 1007 dalla famiglia Canossa, quei Signori che inizialmente regnavano negli Appennini tra Toscana ed Emilia, ma poi col tempo estesero i loro interessi anche nella Pianura Padana, il fiume Po diventerà il loro punto principale, basti pensare che gli ultimi Canossa, tra cui anche Matilde, nacquero a Mantova e i possedimenti arriveranno fino a Brescia. Il Po era un punto importante per i traffici commerciali e di persone. Il monastero nasce per tattica politica dei Canossa, che con la fondazione di un'Abbazia potevano stazionare qui un piccolo esercito a guardia della stessa, ma soprattutto delle città vicine. Una scusa, insomma, per intervenire prontamente nelle città di Mantova e Brescia, che furono sempre anticanossiane. Matilde di Canossa fu seppellita qui. La grancontessa passò alla storia per aver difeso strenuamente la chiesa contro lo strapotere dell’Imperatore. In occasione della lotta per le investiture fra papato e impero lei appoggiò il papato, e per questi meriti fu in seguito canonizzata. Nel Seicento il corpo venne venduto al Papa a Roma, qui resta il sarcofago ma il corpo è oggi in San Pietro.

La chiesa è intitolata a San benedetto e a San Simeone, un eremita che morì qui in odore di santità. Un tempo per diventare Santo bastava aver visitato tutti i luoghi della santità (Roma, Gerusalemme, Santiago de Compostela), ma anche in questa nomina si intravede una tattica politica: i Canossa volevano qui un Santo perché questo dava all’Abbazia enormi privilegi. San Simeone è sempre rappresentato con la cervetta, il simbolo del monastero. Ancora oggi noi sappiamo riconoscere i manoscritti usciti dalla scriptorium di San Benedetto conservati nelle biblioteche americane perché c’è sempre disegnata una cervetta.

La chiesa 

Giulio Romano non rifà completamente la chiesa romanica precedente, ma la camuffa. Dentro infatti possiamo ancora vedere almeno 4 colonne romaniche e le navate scandite. L’architetto romano aggiunge le cappelle laterali, inglobando una parte del chiostro di San Benedetto, allunga la chiesa di una campata e rifà la facciata: la parte inferiore è stata progettata da lui. La parte superiore era fatta a cuspidi. La parte superiore a terrazzo è stata aggiunta nel Settecento per proteggere l’organo internamente.

Loggiato: le statue rimaste sono di un artista modenese, Begarelli, realizzate in terracotta, il colore dorato è quello originale. Internamente le statue sono bianche perché nel Settecento andava di moda il marmo e quindi vengono ricoperte di gesso.

Internamente Giulio Romano camuffa l’interno con la serliana. Il soffitto è sontuosamente decorato come quello di un palazzo nobiliare. Le scene tra le serliane sono settecentesche e rappresentano storie desunte dal Nuovo Testamento, ma sotto c’erano dipinte le tipiche immagini cinquecentesche: fiori, ghirlande di frutta sostenute da putti. Quindi era un interno molto pagano.

Cappella di San Simoene

Giulio Romano recupera un pavimento a mosaico della precedente costruzione romanica e lo applica qui. La tela del Bonsignori era la pala d’altare principale, spostata qui successivamente. Infatti qui si vede già un’idea riformista protestante: si riconoscono la Fede (personaggio con testa ricoperta nuvole) con 4 personaggi dell’ordine benedettino (San Benedetto, San Mauro, Santa Scolastica).

Presbiterio 

Un tempo vi era una cesura netta tra i fedeli e i monaci, tenuti separati da un muro. Solo uno dei chiostri era a diretto contatto con la chiesa. Il coro ligneo, ora posizionato come se fosse un'abside, era girato verso l'ingresso, la gente poteva sentire ma non vedere. Solo più tardi, con la Controriforma si tese ad esaltare il rito dell’Eucarestia e per permettere ai fedeli di partecipare a quello che avviene sull’altare, il coro ligneo sarà quindi completamente rigirato.

Chiesa di Santa Maria 

Veniva utilizzata per i riti funebri dei monaci, era ad uso privato, entravano solo i monaci. La chiesa è piccola ma di estremo valore perché conserva ancora i mosaici del XII secolo, con allegorie e immagini simboliche.
Le immagini servivano a far capire a chi non sapeva leggere: le figure all’ingresso rappresentano figure demoniache come draghi o grifoni che simboleggiano il male. I monaci entrando qui per far la veglia o per cantare pestavano il male: il bene che schiaccia il male!
La chiesa è romanica ma rimaneggiata nell’abside nel Cinquecento. Il presbiterio conserva uno dei più bei mosaici del nord Italia. Sono tessere nere e bianche e alcune marroni. Quelle di colore marrone servono per evidenziare alcuni tratti od oggetti. Era qui che si trovava il sarcofago di Matilde di Canossa, oggi vicino alla sagrestia. E infatti si dice che i personaggi incarnino Matilde di Canossa e rappresentino le virtù del buon cristiano: se uno si comporta con prudenza, giustizia e temperanza è un buon cristiano. Gli animali capovolti rappresentano i sette vizi capitali, vale a dire la strada sbagliata. Nell'immagine, Matilde, raffigurata in alto, e donna di virtù, sembra volere schiacciare i vizi sottostanti.

Deambulatorio 

Giulio Romano lascia l’antico deambulatorio romanico, ma naturalmente ci mette le mani. Il deambulatorio rimane ma sostituisce le cappelle a raggiera coi nicchioni, tipici del Rinascimento.

Sagrestia 

All’ingresso si trova il sarcofago in alabastro con 4 leoncini in marmo rosso di Verona. Matilde è stata raffigurata come  una donna bionda e altissima (i Canossa erano di stirpe longobarda). Tiene in mano la croce per rappresentare la propria fede e la difesa della chiesa, lo scettro perché era una grancontessa, e mostra il melograno che rappresenta la prosperità e la fecondità. I semi rappresentano tutti i territori che i Canossa poco alla volta sono riusciti a mettere insieme. Inoltre può esprimere il concetto di unità tra i diversi, la chiesa è capace di unire in una sola fede molti popoli e culture.  

Chiostro dei Secolari 

I secolari erano i laici che giungevano qui in pellegrinaggio. Al piano superiore si trovavano gli appartamenti di accoglienza e sotto le stanze per i pellegrini. A metà del 1600 Barberini farà un monumentale scalone che dà accesso al museo della cultura popolare (tra i più grandi della Lombardia) dove in origine c’erano le stanze della famiglia Gonzaga. Lo scalone venne realizzato abbattendo il terreno di un piccolo chiostrino privato dell’abate. Immetteva nell’appartamento dei nobili quando venivano qui ad espiare le proprie colpe.
La statua rappresenta Tebaldo, il fondatore nel 1007 del monastero. Nella sua struttura il chiostro presenta degli archi e dei porticati. Il chiostro è fortemente simbolico: al centro si trova sempre una fonte d’acqua, che può essere una fontana o un pozzo. In questo modo si vuole riprodurre il giardino dell’Eden. Dio creò le piante e i fiori che però dovevano essere irrigate e quindi crea un fiume e da questo fiume si dipartivano 4 braccia. Spesso giardini e chiostri vengono strutturati sulla base di questo modello ispiratore: un punto d’acqua e delle aiuole ad angolo che formano 4 quadrati.

Chiostro di San Simeone 

Prende il nome del santo titolare sepolto qui, è quello più suggestivo ed antico e durante i restauri hanno recuperato le parti romaniche. Al lato della chiesa di Santa Maria c’era una porta che immetteva nel Capitolo, cioè la stanza dove si prendevano le decisioni. Qui l’abate si riuniva con i conversi e i monaci che avevano “voce in capitolo”, infatti chi non era ancora monaco non poteva esprimere il proprio parere.
Oggi le pareti sono a pietra vista, ma è un falso, l’intonaco è stato tolto per far respirare i muri, ma in realtà tutto era affrescato in origine, se osserviamo gli sguinci delle finestre si vede un colore più rosso e marcato, il che indica che le pareti erano completamente intonacate ed affrescate con finte riproduzioni di mattoni per coprire l’irregolarità delle pietre.
Nelle lunette son stati riprodotti i miracoli di San Simeone, che furono tantissimi. Son miracoli legati all’acqua, alle belve selvatiche, quindi al territorio.
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