Santuario Madonna delle Grazie a Curtatone
Chi, ignaro, vi entra, resta senza dubbio sconcertato dalla struttura singolare dell’interno. Sin dagli inizi del Cinquecento, infatti, le pareti laterali dell’unica navata sono state ricoperte a tutta altezza ad opera dei Francescani da strutture lignee in un’impalcata su più livelli. I riquadri contengono le figure a grandezza quasi naturale dei principali miracoli ascritti al Santuario. Si tratta dei protagonisti di quegli eventi che raccontano come in una sorta di teatro ancora oggi al visitatore la loro vicenda attraverso le didascalie sottostanti. Questo non è un Santuario a dimensione europea, come Lourdes o Fatima, e neppure a dimensione nazionale, come Loreto o Caravaggio, ma a dimensione locale. Venire qui è diventato un rito, una tradizione, come fare un pellegrinaggio, senza nessuna aspettativa miracolistica. I santuari sorti in età moderna sono quasi tutti dedicati al culto della Vergine, perché è la persona più prossima a Gesù Cristo come madre.
Cornice naturale
V’è da notare che i Santuari, e questo non fa accezione, sorgono spesso in luoghi ove gioca un ruolo importante la cornice naturale, come se vi fosse una relazione tra divinità, carattere del luogo e sacralità che esso assume, luoghi di una naturalità primigenia e pura: la fonte perenne a Caravaggio, un albero a Fatima, le acque qui alle Grazie, una grotta a Lourdes e così via. Come se in natura esistessero dei luoghi privilegiati al divino che qui apre vie di comunicazione eccezionali tra sé e l’umano e apre un varco con ciò che è innaturale: il miracolo. E il santuario esprime la ritualità della devozione verso il miracolo.
Interno
Le colonne, le trabeazioni e le basi che separano i riquadri in senso orizzontale e verticale sono cosparsi di mammelle, pustole e fantolini di cera, che fanno sì da ornamento, ma che sono i segni visibili di ex voto, a testimonianza della capacità miracolistica del Santuario. Che si distingue quindi nettamente da altri consimili in Italia per questa sua teatrale struttura interna, che lo rende singolare se non unico. Sulle pareti si stende una sorta di ciclo della vita: vi sono immagini di tutte le età, dalla nascita alla vecchiaia, e di tutte le gerarchie umane, dal Papa e dai Re, dai guerrieri ai prelati all’uomo semplice. Al di sopra, sul cielo della chiesa, vi sono affreschi floreali con simbologie alchemiche. Il coccodrillo impagliato sopra l’ingresso da una parte ricorda il primo mitico miracolo dall’altra è simbolo del drago-demonio incatenato e vinto. Tutto questo insieme ha origine e termina sull’altare, vero epicentro dell’intero sistema in cui sta un quadro che raffigura la Madonna delle Grazie, la protagonista dei miracoli.
L’impalcata
Edificare l’impalcata ha avuto in primo luogo per significato poter raccontare la storia che chiunque – di qualsiasi rango, ceto, funzione, attività, collocazione sociale sia – può essere miracolato ma solo se manifesta con gesti, atti o pensieri la sua profonda fede in quella Madonna apparsa nel passato tra i canneti ad un umile pescatore. Le figure collocate nelle nicchie sono la galleria dei personaggi della società del tempo, l’umanità cristiana di quell’epoca nella totalità. In secondo luogo, hanno trasformato la chiesa in un vero e proprio teatro in cui vi è la continua rappresentazione del miracolo. Nelle nicchie stanno i protagonisti, i miracolati, che ripetono costantemente la rappresentazione del loro miracolo avvenuto, fissata nella materia una volta per sempre. Gli spettatori di questo spettacolo teatrale diventano i pellegrini, che stanno nella platea della chiesa, uno spazio sacro, circondati dalla raffigurazione storica dei miracoli avvenuti, dal miracolo presente che avviene sull’altare con il rito dell’Eucarestia a cui si aggiungono le simbologie dipinte nel cielo del Santuario. Il pellegrino è come avvolto in una dimensione misteriosa dove si compone una triade:
- miracolo al passato (statue nell’impalcata)
- miracolo continuo al presente (rito eucaristico)
- conoscenza perfetta rinviata al cielo, dove sta la divinità (simboli sul soffitto).
Simbologia
Per analizzare la chiesa possiamo cominciare con le immagini iscritte nella struttura stessa del tempio. A santuario ancora spoglio di dipinti ed ex voto, i primi pellegrini avevano da guardare, alzando gli occhi e aguzzando la vista:
- le chiavi di volta delle tre campate
- l’icona del santuario che ancora oggi si venera
Le tre pietre che funzionano da chiavi di volta rappresentano:
- Madonna col Bambino (a cui il tempio è dedicato)
- Il sole raggiante, entro il quale si trova il trigramma JHS (Jesus Hominum Salvator), un invito quindi ad avere fiducia in Colui che occupa il centro dello spazio sacro così come della fede.
- La luna
Sole e luna hanno una pluralità di significati, rimandano al perenne contrasto luce-tenebre (cioè bene-male, vita-morte, grazia-peccato) con l’implicito invito a scegliere sempre la via della luce.
Nell’icona sull'altare, poi, la fiducia si faceva manifesta anche si semplici che non sapessero interpretare i simboli. L’antica tavola è di chiara derivazione bizantina. Si tratta di una Madonna detta “della tenerezza” che esprime il calore emotivo insito nel rapporto madre-figlio e invita a guardare alla Madre di Dio non come alla donna sublime verso cui tributare timorosa venerazione, ma come alla Madre scelta da Dio per il suo Figlio e per i suoi fratelli, cioè gli uomini da lui redenti: una madre, cui dunque rivolgersi con confidente abbandono.
Duecento anni dopo, all’inizio del Seicento, l’aspetto del Santuario era completamente stravolto, e non doveva essere facile per i pellegrini del tempo trovare un filo conduttore in tale “ordinato disordine”: un groviglio di segni dotti e popolari, di sacro e quello che sembra a noi profano.
- la facciata fu arricchita di portico e affreschi
- le volte di motivi floreali
- l’abside rinascimentale decorata con affreschi giulieschi
- le pareti scomparse sotto l’imponente impalcata votiva
- apertura delle cappelle gentilizie, ricchissime di immagini e ornati
Il tutto sembra disordinato, ma non lo è. Chi per esempio è acculturato in teologia, può trovare qui dentro temi svolti con acutezza. Per esempio, con
il monumento sepolcrale di Baldassarre Castiglione, Giulio Romano ha dimostrato di sapere bene interpretare il senso della morte, con quel sarcofago sormontato da una piramide a gradini coronata da Cristo risorto:
la morte non è quindi la fine, ma per il credente una ascesi alla vita stessa del suo Signore. Le figure giuliesche delle cinque lunette absidali mostrano quattro profeti-scrittori dell’antico testamento e l’Incoronazione di Maria da parte di Dio Padre. I profeti reggono dei nastri con citazioni che comprendono i sostantivi “corona” o il verbo “incoronare”, che preannunciano quindi quanto rappresentato nella lunetta centrale, l’Incoronazione di Maria da parte di Dio Padre. Nella sommità terminale del tempio la Vergine viene rappresentata assunta in cielo e glorificata: immagine quanto mai pertinente, che si connette da un lato alla festa patronale del santuario, quella del 15 agosto in cui ci celebra l’assunzione di Maria, e dall’altro al titolo del santuario stesso:
la Madonna può intercedere per la concessione delle grazie divine proprio perché Dio l’ha incondizionatamente approvata, elevandola accanto a sé. A scanso di equivoci va chiarito come le grazie non sia Maria a concederle, ma Dio; non solo: in nessun modo Maria può sostituire il suo Figlio, unico mediatore tra Dio e gli uomini.
Immagini mariane
Delle tante immagini mariane, tre assumono preminenza in questa chiesa strutturata per i pellegrini. Entrare in chiesa è come percorrere un cammino, nel percorso assiale dall’ingresso all’altare, è come un pellegrinaggio che procede verso la luce divina. Il fedele, quando si affaccia sulla soglia di una qualunque chiesa si trova davanti uno spazio rettilineo vuoto, concluso dall’altare, segno di Cristo: un invito a tendere verso il Signore Dio, entro la chiesa come poi nella quotidianità della vita. Ogni chiesa è lo spazio di un mini-pellegrinaggio, che qui si svolge attraverso 3 immagini mariane e quell’unicum che è l’impalcata. Chi arriva è accolto sulla porta dall’immagine della sovrastante lunetta: la Madonna tra gli angeli in atto di reggere il Bambino. Entrambi volgono lo sguardo in basso, a chi entra, e anzi Maria sembra spingere verso di noi il piccolo Gesù. Madre e figlio ci accolgono in modo benevolo.
Varcata la soglia, la struttura longitudinale del tempio orienta lo sguardo all’abside, dove l’altare è sovrastato dall’icona venerata (un invito alla fiducia, i miracolati nelle nicchie lo stanno a dimostrare). La fiducia prelude alla preghiera di domanda. Chiedere aiuto nelle difficoltà è consentito al cristiano. L’incoronazione della Vergine, che ricorda che il nostro benessere non è sulla terra, ma si realizzerà solo quando saremo associati a Maria, nella gloria divina. Con questa immagine si conclude l’itinerario degli occhi, della mente, del cuore.
Quadro Storico
Tutta l’opera del Santuario è da intendersi come un colossale ex voto composto da tanti altri al suo interno. Il tempio sorge per volontà di Francesco Gonzaga che fece voto di costruire la chiesa se Mantova fosse stata liberata dalla peste. La nuova chiesa fu costruita nel 1399 sulle rovine di quella vecchia e il santuario fu consacrato il 15 agosto del 1406. poi furono aggiunte le cappelle laterali sui fianchi della chiesa e il convento si amplia sempre più nel corso degli anni (4 chiostri, 40 celle, una scuola di teologia, la ghiacciaia, la camera del fuoco, gli orti, una biblioteca fornitissima, tesori e donazioni di ogni genere. Il massimo splendore si raggiunse nel 1595 quando il convento era dotato di ampie e comode stanze per i visitatori secolari, i quali vi soggiornavano per i loro esercizi spirituali. Ma come fu fortunata l’ascesa che portò in poco tempo il Santuario a diventare uno dei più famosi del Francescanesimo d’Italia, altrettanto irreversibile e rapida fu la sua decadenza, soprattutto dopo la caduta dei Gonzaga. La soppressione inizia già sotto gli austriaci, e notevoli furono i danni arrecati dal saccheggio napoleonico, nel febbraio del 1797. Il convento fu soppresso definitivamente nel 1810. I fabbricati furono venduti e demoliti per ricavarne materiale da costruzione.
La fabbrica
L’impresa della costruzione della fabbrica è attribuita a Bartolino da Novara, e costò ai Gonzaga 30.000 scudi d’oro. Il risultato fu il seguente:
- Una chiesa a una sola navata senza transetto
- Facciata a salienti
- Possenti contrafforti chiudono la parte centrale ed erano decorati da due quadranti, uno d’orologio e l’altro zodiacale
- Otto pinnacoli pignati ingentiliscono l’insieme
- Due finestre a feritoia
- Abside pentagonale
- Campanile a struttura quadrata con cella campanaria, di bella linea ma un po’ tozzo
- Chiostro superstite fiancheggia la sagrestia
L’esterno della chiesa è ingentilito da una loggia composta da 13 archi sostenuti da 14 colonne. Sotto 17 affreschi raccontano le origini del Santuario, un po’ fantasiose e non del tutto attendibili, ma che si basano sulla tradizione locale:
- la prima lunetta riporta la vista della riva del lago, si vede una cappella eretta all’ombra di un’alta quercia e l’immagine della Madonna è venerata da un gruppo di oranti inginocchiati che protendono stampelle
- nella seconda l’oratorio viene affidato ai Francescani. Si vedono il vescovo e Fratesco Gonzaga. La scena è ricca di movimento.
- Qui gli appestati giacciono in agonia sul selciato di Piazza del Duomo a Mantova. Sulla sinistra è raffigurato Francesco Gonzaga che prega davanti all’immagine miracolosa della Madonna, mentre fa il voto di erigere il Santuario.
- Si osserva la costruzione della chiesa alla presenza del vescovo e di alcuni dignitari e cortigiani. Francesco mostra il progetto al cardinale Tinti
- Vi è riportata la cerimonia della consacrazione della chiesa il 15 agosto 1406, che avviene mentre una parte del convento è ancora circondata dalle impalcature.
- In questa lunetta è raffigurata una battaglia
- Nostra Signora appare ai marinai di una caravella durante un furioso temporale
- L’immagine miracolosa è venerata da un Pontefice (forse Pio II, qui nel 1459 per un concilio), e Carlo V (in visita nel 1530).
- La lunetta soprastante il portale è di fattura più nobile della altre, forse dipinta da un collaboratore di Giulio Romano.
- Seconda visita di Carlo V nel 1532
Una curiosità è costituita dalle 7 palle di cannone provenienti dall’assedio di Pavia del 1522 infisse nel muro. A questa battaglia aveva partecipato Federico II Gonzaga, il primo Duca di Mantova. Era là per difendere la città dall’attacco dei Francesi. Siccome vinse, dedicò questi residuati bellici alla Madonna tanto cara ai mantovani.
Approfondimento sull’Interno e sull’Impalcata
L’idea di questa eccezionale rappresentazione di miracoli e fatti straordinari venne al frate Francesco da Acquanegra all’inizio del ‘500. Egli ideò una mistura di cera in modo tale che l’impasto non risentisse dei mutamenti di temperatura e si conservasse nelle sue forme: si tratta in complesso di ben 80 nicchie, di cui ora 17 sono vuote. 53 contengono ancora la scultura, 10 erano vuote fin dall’inizio del rifacimento e attendevano nuovi personaggi.
I legni, anneriti col tempo, sono dipinti in rosso pompeiano e decorati con un’insistente iconografia esoterico-mariana:
- mani
- cuori
- seni
- bubboni
- maschere
- bambini in fasce
- occhi
- putti alati
Ogni elemento è stato disposto a formare ghirlande e bizzarre geometrie. Sembra che ad un certo punto gli ex voto in cera fossero talmente tanti da non sapere più dove riporli e Frate Francesco li rifuse nel 1517 e servendosi di stampi forgiò gli ossessivi elementi decorativi, coi quali adorno con gusto assai personale l’impalcata, unica al mondo per il suo effetto scenografico. Le figure nelle nicchie non sono mai goffe o impersonali, ma quasi tutte esprimono sensazioni ed emozioni violente e contribuiscono a suggestionare e meravigliare il fedele.
Le statue dell’ordine inferiore sono state più volte manomesse e ricostruite. Deteriorandosi gli abiti eleganti, le figure furono rivestite via via di stoffe sempre più povere. Esse vanno da un periodo che va dall’inizio del ‘500 all’inizio del ‘700. Per la maggior parte sono statue con uno scheletro di legno, rivestite, e a cui alle estremità son state applicate mani e calzature. Nessuna di queste è in cera.
La galleria del secondo ordine rappresenta guerrieri, personaggi illustri in visita qui e miracolati.
Notare la figura femminile con il cappello di paglia, detta la “Miseria d’le Grasie”, a causa del suo misero aspetto. La figura ha un nomignolo e il popolo per indicare persone dall’aspetto misero e sporco, dice: “sembra la miseria delle Grazie”. Sta filando la lana, e di fianco c’è un falcetto usato per il taglio delle canne palustri. Forse si tratta di una figura maschile rivestita di fogge femminili. Fra le figure rappresentate si riconoscono i seguenti personaggi:
- Un giovane soldato spagnolo
- Un pellegrino
- alcune donne vestite con abiti casalinghi
- Un guerriero ferito al petto
- Un cannoniere che porta addosso abiti del XVI secolo con sboffi di tessuto che escono dalla casacca e dalla calzamaglia. L’abito è stato restaurato dipingendolo e si è perciò irrigidito.
- Tre nobil donne con abiti del Seicento
- Un ammalato
- Una delle raffigurazioni più interessanti è quella di Pio II Enea Piccolimini, che visitò il Santuario nel 1459, soggiornando qui per ben 3 giorni durante il Concilio celebrato a Mantova
- Carlo V con la corona imperiale che si recò in visita al Santuario per ben due volte, 1530 e 1532.
- Filippo II, Re di Spagna, con al collo il Toson d’Oro, e che visitò il Santuario nel 1549
- un Cardinale non identificato, per metà vestito in cartapesta
- Ci sono 3 ex voto di ammalati, persone cioè che furono guarite per intercessione della Vergine.
- Sopra la Cappella della Madonna vi è la statua di Carlo Duca di Borbone, vestito ducalmente con lo scettro in mano.
- Condannato all’affogamento:
- Due angeli estraggono da un pozzo una figura con un enorme sasso al collo.
- Giuanin d’la masöla: Il fatto viene riferito al voto di certo Rinaldo della Volta, fornaio, che, condannato alla pena capitale, rimase salvo dopo il primo colpo, per cui gli venne concessa la grazia. Il boia sorride tetramente e brandisce una grande mazza in atto di batterla sul capo del condannato. Si tratta del supplizio dello schiacciamento del cranio.
- Un condannato alla garrota: trattasi di un innocente, da San Martino dell’Argine, condannato all’impiccagione. Per quattro volte si ruppe il laccio, per cui il misero fu graziato. Ma si tratta invece di un condannato alla garrotta. È costituita da un cerchio di ferro fissato ad un palo o una corda, che viene stretto mediante una vite attorno al collo del condannato, fino a provocarne la morte per strangolamento.
- Un condannato ai tratti di corda
- Un condannato alla forca: la forca appare spezzata nel mezzo, il condannato tiene tra le braccia una tavola dipinta con un’immagine sacra
- Un condannato all’ustione dei piedi
Le statue testimoniano che la Madonna viene in soccorso a tutti, a soldati, malati, condannati, infelici e li salva, siano essi ricchi, nobili, potenti, poveri, popolani, miserabili. Cinque sono le statue raffiguranti condannati a morte e alla tortura, e sono uniche nel loro genere, non si trova qualcosa di simile in nessuna altra chiesa. La storia del Santuario è una vicenda di spoliazioni continue: perse le insegne, i gonfaloni, le bandiere, i modelli di imbarcazioni appesi ai lati ed al soffitto, alcune delle figure più significative; rimane il monco coccodrillo con gli arti amputati e sempre più deteriorato.
Cappelle laterali
Cappella di Baldassare Castiglione
tra i monumenti funebri che decorano la basilica, quello di Baldassarre Castiglione è certamente il più importante. La sua opera Il Cortegiano lo rese famoso in tutta Europa come autore di uno dei libri più letti del tempo. L’ambiente è completamente decorato a grottesche. Gli spicchi attorno alla chiave di volta ostentano stemmi della famiglia, il leone che tiene un castello e il leone fasciato d’oro e d’argento; vi sono descritti anche 4 episodi tratti dai Vangeli (la Resurrezione, la cena in Emmaus, l’Annuncio della resurrezione da parte di un angelo, l’Apparizione del Risorto).
A destra il monumento funebre del figlio Camillo e della moglie.
Cappella Bertazzolo
È dedicata a S. Lorenzo, patrono della famiglia, la casa ha dato illustri cittadini, tra cui quel Gabriele autore di una accurata pianta di Mantova del 1597.
Gli affreschi alle pareti raccontano le storie del santo e si concludono con la bella pittura sull’altare opera di Lorenzo Costa il Giovane. Raffigura il martire sulla graticola, tra gli aguzzini che infieriscono con picche e alabarde. Colori freddi, atmosfera cupa, prevalenza di verdi e grigi che danno un grande valore pittorico al dipinto.
Cappella Aliprandi
È la più antica, edificata nel 1415. gli Aliprandi servirono i Gonzaga come funzionari e ambasciatori. Qui si conserva un’ancona lignea con diverse parti dipinte: Padre eterno, S. Apollonia. S. Caterina, S. Anna + Elisabetta. Affresco di Madonna con Bambino che ricorda la Madonna della Quadria di Michelino da Besozzo a Verona.
Monumento sepolcrale di Bartolomeo Panciera, nobile mantovano, autore di rime. In marmo rosso con piccole cariatidi di fattura assai gentile.
Cappella della Mater Gratiae
Ritenuta da alcuni il luogo dell’oratorio originario. È stipata di ex voto, irrilevanti dal punto di vista artistico. La cappella divenne luogo si sepoltura di Maria Gonzaga e di Carlo di Gonzaga di Nevers. Nella cappella dell’altare maggiore sopra al tabernacolo nel 1932 è stata inserita la tavola con la Madonna delle Grazie. Si tratta di un dipinto che ha echi bizantini, ma risale chiaramente ai primi anni del ‘400 ed è di buona fattura.
Cappella Corradi dedicata a S. Girolamo
Cappella Zibramonti dedicata a S. Sebastiano
È tra le più interessanti del santuario, è completamente decorata da pittori di maniere giuliesche.
Il dipinto che raffigura il martirio del santo è di Francesco Bonsignori.
Cappella di S. Gabriele
Protettore della famiglia Strozzi. Essa era affrescata completamente dal Pordenone.
Cappella di S. Antonio da Padova
La pala raffigura un miracolo del santo: riattacca il piede ad un uomo in atteggiamento devoto.
Cappella Gazolda dedicata a S. Ippolito
La pala che rappresenta il martirio del Santo fu realizzata da Anton Maria Viani ed è opera di grande valore pittorico ed è piena di movimento e di concitazione.
Per un'interpretazione del santuario
Con il Concilio di Trento si instaura un clima di crescente trionfo delle immagini e di ripresa di certi culti. La realizzazione di un apparato museale come quello del Santuario era in linea con il dettato controriformistico. Le vistose impalcate lignee con le esuberanti e ossessive decorazioni di ex voto anatomici, le statue di netto sapore popolaresco, il coccodrillo appeso alla volta e molti altri oggetti devozionali sembrano costituire manifestazioni fantastiche, simboliche ed esoteriche di una certa cultura rinascimentale.
Gli ex voto anatomici
L’usanza di offrire doni alla divinità per impetrare una grazia è antichissima. Esistevano due tipi di ex voto: gratulatori (per grazia ricevuta) e propiziatori. Gli ex voto anatomici, riproducenti parti del corpo, servivano per impetrare la guarigione della malattia o ferita che interessava la regione del corpo corrispondente. Esempi di ex voto gratulatori sono le tavolette dipinte votive, o fotografie del soggetto miracolato ecc… e la cera era materiale molto probabilmente usato nell’antichità per gli ex voto, perché è un prodotto autenticamente naturale, come il pane ed il vino. La cera è anche il materiale preferito per la preparazione dei fantocci con cui si pratica la “fattura indiretta” con spilli, chiodi o altri oggetti appuntiti. Si tratta di fenomeno di transfert. Per tradizione gli ex voto sono come una particolare forma di magia; la credenza popolare pensava che se mi facesse male un occhio o un piede, bastasse per l’offerente portare quel determinato organo al nume (in oro, argento, cotto, cera) per ottenerne la guarigione. Le statue votive polimateriche possono essere considerate come ex voto anatomici gratulatori a figura intera, mentre altre furono donate per testimoniare visite al santuario. Era pratica comune all’epoca offrire da parte dei ricchi degli ex voto anatomici eseguiti con metalli preziosi. Qui ve ne erano in grande quantità prima della soppressione del convento. Fra gli antichi ex voto di cera si possono riconoscere teste umane, o meglio maschere facciali, e anche volti di bimbi, con o senza ali. Questi sono simbolo dell’intera persona. Sono ex voto o per maternità ottenute o per guarigioni infantili. La testa e la mano erano considerati simboli dell’intera figura umana. Le mani hanno dita unite ed in estensione, e le numerosissime mani vanno considerate come simboli dell’intera figura umana. Nella mano, con le sue cinque dita si ravvisava lo schema corporeo costituito dalla testa e dalle quattro estremità. Numerose sono anche le mammelle, legate alla simbologia della fecondità e dell’allattamento. Gli occhi di cera sono donaria per la guarigione delle malattie degli occhi. Vi sono anche numerosi bubboni pestosi in fase di suppurazione. Occorre ricordare che il santuario fu eretto come atto di ringraziamento per la cessazione di una grave epidemia di peste.
Ad un certo momento però l’autorità ecclesiastica considerò gli ex voto anatomici oggetti eseguiti in maniera falsa, sconveniente e superstiziosa, e ne proibì la vendita fuori dai santuari. Finirono per prevalere col tempo gli ex voto pittorici o il generico e diffusissimo cuore d’argento (considerato sede dell’amore, della vita e dell’anima). Il cuore è generico e simboleggia l’intera persona, come le mani o le teste. Le varie parti del corpo e le statue si integrano, con i loro significati traslati, a quelli delle figurazioni a rilievo e pittoriche della volta del santuario: in alto il sole e la luna, simboli di Cristo e della Madonna; più in basso il coccodrillo, simbolo del demonio; più in basso ancora l’uomo. Il coccodrillo, simbolo delle forze del male, ha rapporti precisi con la decorazione delle volte, cioè con le chiavi di volta e con le decorazioni floreali.
Le figurazioni in rilievo presentano:
- una Madonna con Bambino
- un Sole raggiante con monogramma IHS
- una immagine della luna
Queste immagini si spiegano in base al passo dell’Apocalisse 12 che si riferisce all’apparizione in cielo di una donna in preda alle doglie del parto, rivestita di sole, con la luna sotto i piedi. La Donna è l’immacolata Madre di Cristo e degli uomini e il sole che riveste la donna è Cristo: da moltissimo tempo il sole è considerato simbolo di Cristo e la luna della Madonna. L’aggiunta tardiva del coccodrillo completa la rappresentazione simbolica del passo dell’Apocalisse, che continua con il racconto dell’apparizione in cielo di un gran dragone il quale si pone davanti alla donna per divorarne il figlio, ma viene precipitato sulla terra e in seguito incatenato per mille anni. I fiori stilizzati sul soffitto sarebbero dei simboli fitoastrologici, ossia simboli vegetali degli astri, fra cui il sole e la luna. La volta è quindi simbolo del cielo, ove stanno gli astri e le stelle. Fra noi in terra e il cielo, vi sta il coccodrillo, che unisce il principio con la fine, sta fra la materia e il tutto, a cui noi come fedeli dobbiamo aspirare.