Visita Guidata a San Benedetto Po

Mille anni di arte e storia racchiusi tra le mura di un monastero

San Benedetto Po

Soria e descrizione 

Fu nel 1007 che i Benedettini fondarono nei pressi del Po l’abbazia di Polirone, poi ampliata da Matilde di Canossa, passata ai Cistercensi e divenuta, infine, uno dei Santuari favoriti dai Gonzaga, che la fecero risorgere a partire dal 1420 aggregandola al Capitolo della Congregazione Riformata di Santa Giustina a Padova. Gli stessi marchesi vi impiegarono nella prima metà del Cinquecento Giulio Romano, il quale procedette ad una serie di sostanziali rinnovi sia in facciata che nell’interno. 

Nella Sagrestia è la tomba della contessa Matilde di Canossa, la cui salma venne però traslata a Roma nel 1633. Del complesso è anche parte la chiesa romanica di Santa Maria, con un bel mosaico pavimentale del 1151, mentre dietro alla chiesa si aprono suggestivi chiostri abbaziali. Il chiostro dei Secolari si sviluppa attorno a una fontana seicentesca e conserva nel portico Sud la statua di Tedaldo di Canossa fondatore del Monastero. Ma il più suggestivo è il Chiostro di San Simeone, eretto in stile tardogotico nel 1450. Nelle lunette vi sono raffigurate le storie del Santo e il lato ovest dà accesso alla antica Sala del Capitolo, centro direttivo del Cenobio. In quello che era il Refettorio Monastico si può ammirare sulla parete di fondo il grande affresco attribuito a Correggio giovane.

L'abbazia di San Benedetto 

Quando nel 1540 Giulio Romano mette mano alla chiesa monastica di San Benedetto in Polirone, vi trova un precedente edificio quattrocentesco, di forme gotiche, a sua volta eretto su di uno precedente di età romanica. Deve quindi fare i conti con un edificio preesistente, del quale conservare per quanto possibile le strutture, al fine di limitare i costi di cantiere. Il Pippi mantiene la partitura originaria a tre navate e conserva pure tutte le volte a crociera ogivale sulle campate e il tiburio sopra al presbiterio. La navata centrale pone invece a Giulio Romano tutta una serie di problemi di misurazione e conservazione. L’elemento più originale e geniale del grande maestro è l’uso della serliana, di cui ne sfrutta la flessibilità. Questo elemento infatti non lo vincola a delle regole di proporzionalità, ma gli consente anzi di camuffare le irregolarità delle campate precedenti variando in modo impercettibile le misure delle architravi. Lo stesso espediente verrà usato di lì a poco dal Palladio per la Basilica vicentina
prenota la tua visita
Torna su