Un giardino alchemico

Realizzato per il Duca Vincenzo I

Giardino dei Semplici


Esso fu voluto da Vincenzo I Gonzaga che nel 1603 incarica il Frate Zenobio Bocchi, esperto botanico, di creare un giardino composto di piante che possano dare la vita e la morte. Il Duca amava collezionare meraviglie del mondo minerale e animale nella Galleria delle Metamorfosi che dà sul giardino e con l’aggiunta di questo spazio verde egli aspirava ad avere il dominio – oltre che su questi due regni – anche su quello vegetale

Introduzione 
All’interno del Giardino dei Semplici crescono le erbe semplici, nate spontaneamente, e il Frate Zenobio Bocchi crea in quel 1603 per il Duca di Mantova un giardino scompartito in 4 aiuole, un numero non casuale essendo il 4 un numero magico: 4 sono gli elementi della natura, 4 sono le stagioni, 4 gli umori o temperamenti umani (sanguigno, collerico, malinconico e flemmatico), legati a loro volta a sangue, bile gialla, bile nera e flegma, che dipendono quest’ultimi da cuore, fegato, milza e testa, e così via. Qui il Frate piantuma delle piante che possono dare sia la vita che la morte. Al centro di ogni aiuola vi si trova infatti l’albero del tasso, attorno l’albero del melograno, e tra questi due poli le piante dell’estasi e dell’oblio, con l’assenzio che crea stordimento. 
Questo stava ad indicare che il Principe gonzaghesco poteva controllare i viventi, paragonarsi a dio, essere il principe che poteva controllare il microcosmo, fatto a misura del macrocosmo dell’universo. Voleva assurgere a nuovo demiurgo, un nuovo creatore del mondo per il suo ducato d’origine, il ducato dei Gonzaga che doveva regnare in eterno. 

Storia 
Qui c’era già un giardino quando Luca Fancelli costruisce la Domus Nova per Federico I Gonzaga. La splendida facciata quattrocentesca alla toscana mostra due piccole torri ed esili colonne estremamente eleganti. In questo giardino intervenne Bernardino Facciotto che fu chiamato a realizzare un Pavaglione con fontana decorativa. Ai tempi i giardini eran composti da piante e arricchiti di giochi d’acqua. Ma l’attuale forma del Giardino dei Semplici è da ricondurre all’intervento di Fra’ Zenobio Bocchi del 1603. Questo frate francescano era appassionato di giardini, fu lui a creare il Giardino dei Boboli a Firenze, l’orto botanico a Pisa, e a Mantova realizza per il Duca Vincenzo I Gonzaga il Giardino dei Semplici. I semplici sono le erbe, i principi fondamentale della farmacopea, e il giardino è stato ricostruito nel 1981 con un restauro filologico. Ancora oggi va ammesso è uno degli spazi maggiormente apprezzati dai turisti. 

Descrizione 
Il Giardino chiamato dei Semplici è uno dei più estesi della reggia ducale di Mantova. Semplici è il nome medievale di quelle essenze vegetali e botaniche che venivano coltivate per produrre medicinali in uso agli speziali, ai farmacisti, e agli alchimisti. Simplex in quanto da queste piante venivano estratti quei prodotti oggi chiamati “princìpi attivi”. Ecco che quindi all’interno di questo giardino c’è di tutto da un punto di vista di sostanza, di colori, di profumi e di odori. 
È un luogo lussureggiante anche connesso a quella che era la Galleria delle Meraviglie, una sorta di Museo Scientifico, Naturalistico e fantastico di Ferdinando Gonzaga. La Galleria è su uno dei fianchi del giardino, il quale a sua volta ne è appunto un’appendice. 
Su invito del Duca Vincenzo I Gonzaga fu il Frate Zenobio Bocchi a progettare questo giardino nelle sue forme originali e originarie. Qui intorno c’è un po’ di tutto e non è di semplice comprensione. La facciata principale che guarda a oriente è quella della Domus Nova, voluta nel 1480 da Federico I Gonzaga e architettata dal Fancelli. Vista oggi è strepitosa, vista allora avveniristica. Come in una quinta teatrale sbuca il campanile della Basilica di Santa Barbara realizzato dal Bertani nella seconda metà del Cinquecento. Su un lato il Giardino dei Semplici è chiuso dalla Galleria delle Metamorfosi, il piano superiore è invece occupato dall’Appartamento della Rustica, di periodo guglielmino. 
Il Giardino dei Semplici ha anche un altro nome, il Giardino del Pavaglione o del Padiglione in quanto il camminamento tutt’ora esistente permetteva al Duca di raggiungere il vicino Teatro dei Comici o Teatro Vecchio. Il Signore di Mantova in tutta tranquillità e ben coperto poteva raggiungere questo luogo del divertimento. 
E coincidente a quella che oggi è la Galleria delle Metamorfosi corrisponde un muro antichissimo, forse il limite della corte quattrocentesca, o anche precedente. Lo testimoniano le merlature chiuse di difesa ghibelline. 
Quello di oggi è la testimonianza dei quel che rimane della vocazione per i giardini che c’era dentro a Palazzo Ducale, una città nella città. Il giardino si trova ad un livello di quota molto alto rispetto al Lago Inferiore, che lo si intravede dal padiglione, e molto alto rispetto al resto della città. Questa è la quota maggiore dell’area urbana di Mantova rispetto all’intorno, oltre 22 metri sul livello del mare. Probabilmente già qui i Romani e forse gli Etruschi costruirono il primo nucleo abitativo, se non anche l’arx, vale a dire il primo forte di difesa del primitivo villaggio urbano. 
Su una parete resta la traccia di una fontana; si tratta di una nicchia simile a un ninfeo risalente allo stesso periodo della Grotta di Palazzo Te. Mostra le stesse concrezioni e un utilizzo simile delle pietre nonché tracce di conchiglie che riflettevano la luce. Col Duca Ferdinando, figlio di Vincenzo I, il giardino dei Semplici diventò pubblico. Più che altro in uso all’università che lo stesso sovrano fondò a Mantova. Un luogo di studio e di sperimentazione nel cuore della corte. Quindi il Giardino è un luogo modernissimo, nel senso che insieme al Museo della Galleria, il giardino raccoglieva quello che si poteva conoscere; l’ignoto, il meraviglioso, il visto, il già visto, l’improbabile. Quindi era un mondo enciclopedico; il cosmo veniva racchiuso qui, anche a livello di laboratorio, visto che questo è un orto botanico. E se consideriamo che fu realizzato agli inizi del Seicento, quindi più di quattrocento anni fa, si comprende bene quale animosità e gusto per la scienza già prevaleva all’epoca su una forma tradizionale di Medioevo superstizioso, impaurito e schiacciato da tante credenze. 

Approfondimenti
Questi tipi di giardini erano luoghi iniziatici, normalmente protetti alla vista di tutti. Attorno a questo orto botanico si trovano diversi edifici che lo racchiudono: la Domus Nova, la Galleria affacciante il lago, l’Appartamento delle Metamorfosi. La Domus Nove fu progettata dall’Architetto Fancelli nel ‘400, ed è considerata un capolavoro della Rinascenza. Il cosiddetto Padiglione era costituito da un porticato la cui facciata era lavorata a mosaico, con splendide conchiglie marittime, con coralli e pietre minerali, con lucide colonne di marmo che facevano ornamento ad una nicchia ancora oggi visibile, dove era collocata la statuetta di marmo di un fanciullo raffigurato nell’atto di versare dell’acqua da un piccolo vaso ad uno più grande. Questi giardini dei Semplici dovevano possedere dei requisiti, secondo una dimensione esoterica, intima e sacra al contempo; erano dei veri e propri microcosmi. La loro forma quadrata o quadripartita doveva riflettere i 4 angoli del mondo, i 4 elementi, le 4 stagioni, i 4 umori, le 4 età dell’uomo, le 4 fasi del magistero alchemico. Al centro, cioè all’incrocio delle direttrici ortogonali c’era sempre una vasca, una fontana oppure l’albero della vita. 
Sappiamo che frate Zenobio aveva applicato al giardino mantovano la distribuzione delle essenze vegetali secondo i criteri della medicina astrologica del tempo. In quest’epoca si unì dunque la tradizione medico-farmacologica dell’antichità alla concezione profondamente magica dei poteri delle piante. Ad esempio, crescevano piante della vita e piante della morte, come il tasso. 
Nel giardino si riconosce uno sfiatatoio che conduce al laboratorio alchemico sottostante il palazzo delle Metamorfosi e che appartenne al figlio di Vincenzo I, Ferdinando, che diventò il sesto Duca di Mantova. Attraverso una scala si giunge a un ambiente difficilmente definibile, sostenuto da colonne e con strane figure geometriche che ornano il soffitto. Non sappiamo se anche Vincenzo I avesse un laboratorio alchemico come il figlio, ma è noto che a 47 anni venne colpito dall’impotenza, un dramma per chi come lui amava le belle donne. In gran segreto organizzò una spedizione in Sudamerica ove esisteva un piccolo verme peloso delle Ande peruviane che serviva come portentoso afrodisiaco e lo si poteva esportare essiccato senza perdere la sua qualità. Di questa spedizione sapevano solo cinque persone poiché se si fosse venuto a sapere di cosa era affetto il sovrano sarebbero stati guai seri. La rocambolesca avventura non portò a nulla perché il verme, detto Gusano, era sì stato trovato e esportato assieme ad altri animali rarissimi in Europa, e in molti morirono durante il viaggio, ma poi queste persone che andarono a recuperare il verme, furono fatte prigioniere e non seppero che il Duca nel frattempo era morto. La lettera con cui lo si informava degli avvenimenti venne consegnata al suo successore, Francesco, e alla morte di questo ne prese possesso Ferdinando, il creatore del laboratorio alchimistico. Del Gusano possiamo dire che forse si trattava di una larva di lepidottero che cresce nella pianta dell’agave (mabei, in lingua locale messicana). La pianta si raccoglie nella stagione delle piogge. Il Gusano era noto già in epoca pre-ispanica, gli Indigeni usavano da tempi remoti un preparato a base di agave fermentata chiamata Pulque, una bevanda rituale usata per entrare in contatto con gli dei. Quando arrivarono gli Spagnoli portarono anche i loro alambicchi e cominciarono a distillare, impiegando poco dopo anche l’agave, e ottenendo il mescal, antenato della tequila. Per preparare questa sostanza ci voleva molto tempo e pazienza, e sapienza, poiché la pianta doveva avere almeno 8 anni. 
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