Visite guidate a Sabbioneta

Tappa obbligata della provincia mantovana, la "città ideale"

Sabbioneta, città ideale

Nella storia dell'architettura Sabbioneta rappresenta uno straordinario esempio di città ideale inverata, costruita non solo per scopi militari. All'interno della vasta letteratura sul tema della città ideale - a cui si rifanno le utopie della vita sociale comune - Sabbioneta costituisce un esperimento che mostra fino a che punto possano convivere utopia sociale e autocelebrazione di un principe pre-assolutista.

Hanno-Walter Kruft, uno storico tedesco che si è occupato a fondo di Sabbioneta in quanto progetto urbanistico ideale, considera la città di Sabbioneta come un “tentativo di tradurre in architettura la concezione umanistica del mondo”. Kruft presenta Vespasiano Gonzaga come il fondatore di una città-stato ideale, una nuova Roma, stilizzandolo però in una figura di “cittadino ideale”, che si orientava “con una certa disinvoltura verso l'antichità romana” e in cui affiorava poco il sentimento della “religiosità cristiana” 

La cinta muraria e le porte urbiche 

Nel 1554 Vespasiano si avviò a fare del vecchio apparato fortificatorio costruito dal bisnonno Ludovico Gonzaga nella pianura padana - a metà strada tra Mantova e Parma - una città a scacchiera. I lavori si protrassero per quasi quarant'anni (1554-1592) e la ricca bibliografia relativa all'urbanistica di Sabbioneta tende a distinguere tre fasi.
Il primo atto di Vespasiano si identifica con l'erezione di una cinta fortificata, che doveva soddisfare alle più moderne esigenze militari. La paternità del progetto è attribuita anche a Vespasiano, in quanto egli aveva sovrinteso alla realizzazione di alcune fortezze per conto della corte spagnola. Sei baluardi a stella circondano la città, dotata di un impianto viario ortogonale, che comunica con l'esterno attraverso due porte urbiche diametralmente opposte: una ad est e l'altra ad ovest. Contemporaneamente ai primi baluardi iniziò l'edificazione del Palazzo Ducale e degli edifici attorno a Piazza Maggiore: il Palazzo del Luogotenente, la Zecca e il Palazzo Comunale. Già nel 1562, in occasione dell'apertura dell'Accademia, nel suo discorso inaugurale l'umanista Mario Nizzoli elogia Sabbioneta come esempio riuscito di fondazione urbana. Negli anni seguenti i lavori di ricostruzione subirono un rallentamento a causa della lunga assenza del Principe.
Nel 1578 Vespasiano venne dispensato dal servizio militare presso la corte spagnola e, una volta tornato a Sabbioneta, diede avvio alla seconda fase di costruzione: fu ultimata la fortificazione della città e nel 1577 venne aggiunta Porta Imperiale come completamento di Porta Vittoria costruita nel 1560. Oltre alla edificazione del Palazzo del Giardino, della Galleria degli Antichi e della chiesa parrocchiale (S. Maria Assunta), vennero realizzate ulteriori vie interamente nuove sotto la direzione del Duca.

Palazzo Ducale 

Nella terza ed ultima fase Vespasiano portò avanti il suo progetto di realizzare una struttura unitaria: i cittadini che occupavano le case prospicienti la via principale furono costretti a decorare in modo uniforme gli esterni delle loro abitazioni. Le decorazioni di Palazzo Ducale furono in parte restaurate, mentre quelle del Palazzo del Giardino e della Galleria furono portate a compimento. Nel 1586 fu iniziata la costruzione della chiesa della SS. Incoronata, destinata a diventare cappella funeraria di Vespasiano Gonzaga, seguita nel 1588 dalla costruzione del teatro e dall'erezione della statua bronzea del Duca su Piazza Maggiore. Nello stesso anno, durante un viaggio a Venezia, Vespasiano commissionò dodici statue lignee equestri, che lo raffiguravano assieme ai suoi ascendenti maschi. Contemporaneamente vennero intrapresi ulteriori rifacimenti del Palazzo Ducale: fu costruita un'altana e fu aggiunto un balcone coperto di fronte allo Studiolo del Duca.
 

Sabbioneta, l’autocelebrazione di un principe

È quindi proprio in quest'ultima fase costruttiva che si evidenzia il desiderio del Principe di una autocelebrazione nel contesto urbano.
In questi anni Vespasiano fu insignito di diverse onorificenze: nel 1577 era stato nominato Duca dall'Imperatore Rodolfo II, nel 1585 entrò a far parte dell'esclusivo Ordine dei Cavalieri del Toson d'Oro e nel 1588 gli fu conferita la cittadinanza onoraria della città di Venezia. La carriera di Vespasiano, arrivata all'apice con questi onori, era il risultato di un progetto voluto con forza dalla zia Giulia Gonzaga. Era stata lei ad occuparsi della formazione del nipote - nato nel 1531 e figlio del fratello Luigi Gonzaga - e della moglie Isabella Colonna. Nel 1545 fu mandato alla corte di Carlo V come paggio d'onore dell'Infante Don Filippo, dove poté approfondire le sue già ottime conoscenze umanistiche. Negli anni seguenti coprì vari incarichi, da quello di Capitan-generale delle fanterie italiane a quello di viceré in alcune provincie spagnole, e intraprese diversi viaggi al servizio del re, che lo condussero dalle Fiandre fino all'Africa.

Subito dopo le sue prime nozze nel 1549 con Diana Cardona (defunta nel 1559), e dopo essere entrato in possesso del territorio sabbionetano nel 1550, iniziò a fare di Sabbioneta la sua residenza privata, nonostante gli impegni di servizio lo chiamassero spesso in Spagna. Dalla seconda moglie, Anna d'Aragona, che lui sposò nel 1564, ebbe due figli. Nel gennaio del 1565 nacque la figlia Isabella e nel dicembre dello stesso anno vide la luce il figlio Luigi, che purtroppo morì prematuramente. Anche le terze nozze nel 1582 con Margherita Gonzaga lo lasciarono senza un erede maschio. Il Duca tentò inutilmente di ottenere per la figlia Isabella la successione al titolo, ma non riuscendovi, questo ramo cadetto dei Gonzaga di Sabbioneta fu destinato a estinguersi.

L'iconografia sabbionetana rivela il legame di Vespasiano con la casa reale spagnola, col suo diretto superiore il Duca d'Alba, con l'Imperatore e con la famiglia Gonzaga, mentre delle tre donne prese in moglie, solo la madre del figlio morto giovane trova posto all'interno delle rappresentazioni iconografiche. Diversamente che nelle più importanti corti dell'epoca, a Sabbioneta mancano appartamenti per gentildonne decorati con particolari programmi figurativi, ma tutto è imperniato attorno a Vespasiano e alla sua autocelebrazione. Rispetto alle corti di Mantova o Ferrara, qui sembra che la vita di corte fosse poco sviluppata, tanto che Vespasiano è stato definito un “principe senza corte”.

Questa centralità del Duca, che trova giustificazione nella sua biografia o forse nella mancanza di un erede maschio, si manifesta soprattutto nella terza fase di costruzione. Se nelle prime due fasi lo scopo era creare una città che andasse oltre la persona del suo costruttore, e che fosse specchio degli ideali umanistici del committente, con la morte del figlio e l'età che avanza il piano iconografico cambia. Gli edifici eretti negli anni seguenti serviranno più alla glorificazione della sua stessa persona che al bene comune della città.

Anche il progetto urbanistico si trasforma, poiché lo scopo primo non è più quello di creare una “novella Roma”, ma di conferire ai singoli edifici una nuova e inconfondibile tipologia, orientata verso vari modelli reali.

Vespasiano ha perseguito la sua personale autocelebrazione, avvalendosi di tutti i campi dell'arte, da quello della pittura alla scultura e all'architettura. L'interesse per l'antichità è il filo conduttore comune a tutti e tre gli ambiti, che però viene spezzato dai molteplici riferimenti alla persona del Duca.

Ciò si riscontra sia nel programma iconografico della Sala d'Enea nel Palazzo del Giardino che nel Teatro e nella Chiesa, dove è stata posta la statua bronzea che lo raffigura. Nel programma della Sala d'Enea si evidenzia il manifesto programmatico di Vespasiano Gonzaga: attraverso l'eroe virgiliano, fondatore della gens romana, il Duca guarda a se stesso come successore degli antichi imperatori romani e come filosofo e principe ideale.

Nel Teatro Olimpico, che si ispira direttamente all'omonimo teatro di Vicenza, il desiderio del Duca per un “teatro all'antica” si fonde con lo schema dei teatri di corte contemporanei. Il programma figurativo dell'edificio teatrale costituisce un eterno riferimento alla Roma antica, la cui massima espressione viene raggiunta nella galleria degli imperatori romani, che colloca Vespasiano Gonzaga nell'olimpo degli Augusti.

Servendosi della chiesa della SS. Incoronata, un edificio di forma ottagonale con soffitto a cupola, il Duca esprime il suo desiderio di gloria eterna. In essa si fondono il topos dell’architettura imperiale, che si ispira agli antichi mausolei, con la citazione di un’architettura monastica, cioè la SS. Incoronata di Lodi, nel rispetto quindi della congregazione dei Servi di Maria, titolari della chiesa, e dei precetti della Controriforma.

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